Ben l’87% degli anziani – quasi 9 su 10 – che risiedono in Residenze sanitarie assistite assume da 1 a 4 farmaci al giorno che potenzialmente provocano disfagia, ovvero la difficoltà ad ingerire cibi solidi o liquidi, aumentando così il rischio di malnutrizione.
È quanto emerge da uno studio condotto dall’Irccs Inrca – Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani – presentato al “6° Congresso Europeo dei disturbi della deglutizione”.
“La disfagia comporta l’alterazione delle normali funzioni deglutitorie, interessa in genere il 20% delle persone sopra i 50 anni e dal 30 al 60% degli anziani che vivono in strutture residenziali o case di riposo” – spiega Paolo Orlandoni, responsabile dell’Unità operativa di Nutrizione clinica dell’Inrca – Riguarda l’area della cavità orale, oppure faringe o esofago e può essere causata dall’indebolimento dei muscoli dovuto all’invecchiamento o da malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, nonché da farmaci assunti in maniera continuativa (disfagia iatrogena) dagli anziani”.
“Sono tre i meccanismi con cui i farmaci incidono negativamente sul processo deglutitorio” – spiega Claudia Venturini, medico nutrizionista Inrca e coautrice dello studio – Il primo è l’effetto collaterale del farmaco, ad esempio di medicine che riducono la produzione di saliva (xerostomia), riscontrate nell’11% del campione e che contengono soprattutto cytalopram, metoclopramide, paroxetina e lisinopril, oppure di antipsicotici e neurolettici, assunti dal 25%, i cui principi attivi più comuni sono la quietapina, la clozapina, l’olanzapina, il risperidone e l’aloperidolo. Poi ci sono le complicanze dovute all’azione terapeutica: è il caso dei narcotici e degli antiepilettici che, agendo sul sistema nervoso centrale, riducono vigilanza e attenzione, compromettendo così la sicurezza del processo deglutitorio. Contengono generalmente ossicodone, fenobarbital, prednisone, clonazepam, diazepam, paracetamolo e codeina oppure morfina. Ne fa uso il 32% dei pazienti dello studio. Alcuni farmaci infine producono danni alla mucosa esofagea, come gli antinfiammatori non steroidei e i bifosfonati (ibuprofene e acido acetilsalicilico) o gli integratori di ferro o di potassio, comunemente usati dalle persone in età avanzata per lunghi periodi come nel trattamento dell’osteoporosi o per problemi cardiaci (riscontrati nel 29% dei pazienti).”.
“Specialmente negli anziani soggetti a polifarmacoterapia – aggiunge la dott.ssa – è importante quindi valutare periodicamente la funzionalità deglutitoria, in modo da intervenire ai primi sintomi di disfagia ed eventualmente sostituire un farmaco potenzialmente lesivo con un principio attivo meno dannoso, o addirittura sospenderlo se non strettamente necessario”.
La gestione della disfagia è una pratica complessa, che richiede la presenza di un gruppo di lavoro interdisciplinare costituito da esperti con competenze specifiche.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati