di Andrea Braconi
Le parole del commissario straordinario Vasco Errani sui ritardi legati alla ricostruzione (la cui registrazione audio è stata pubblicata in esclusiva stamattina da sito di Panorama) hanno riacceso la discussione intorno alla gestione del post terremoto, con emergenze che si sommano ad altre emergenze senza alcuna sicurezza su tempi e modalità.
E tra le tematiche più sensibili, quella della sicurezza degli edifici scolastici ha sicuramente una rilevanza particolare, con tantissimi genitori che negli ultimi mesi hanno sentito l’esigenza di unirsi e di camminare insieme verso un obiettivo trascurato, per troppo tempo, dalle istituzioni nazionali e locali.
“Lo stato delle cose attuale – sottolinea Martina Confaloni, residente a Montegiorgio e delegata del costituendo Comitato Scuole Sicure Italia – ci mostra con assoluta evidenza la portata di questo problema, a partire dalla scarsissima consapevolezza che si ha a riguardo. Ciò comporta il più delle volte un sottovalutare l’argomento, un fatalismo inerte, un rimandare ‘a data da destinarsi’ che non possiamo e non dobbiamo più permetterci”.
Sentendo il dovere di cooperare con senso civico e responsabile con le Amministrazioni, le scuole, i cittadini, gli alunni, gli Enti preposti, i professionisti e i tecnici, al fine di sensibilizzare e promuovere la prevenzione oggi surrogata dal concetto di emergenza, è nata una rete di comitati locali nelle Marche, in Abruzzo, nel Lazio, in Umbria e in Molise, che sta dando vita ad un esteso e vasto comitato nazionale, al quale si sono recentemente aggiunte Campania e Liguria. E su questo fronte negli ultimi giorni è stata annunciata un’importante collaborazione con la rete di associazioni umanitarie Save The Children.
“Il tavolo al quale ci siamo seduti con Save The Children – sottolineano i referenti nazionali del Comitato – è stato un momento di coesione e di sguardo verso il futuro. Sí, intorno a quel tavolo, abbiamo pensato a un’Italia che prende coscienza e diventa fautrice, promotrice e tutela dei bambini, dei giovani, dei nostri ragazzi che saranno il nostro domani. L’emergenza non può essere più lo strumento con il quale affrontare i problemi atavici del nostro Paese, non possiamo più permetterci di parlare di prevenzione nei momenti di emergenza. La prevenzione va pensata con una visione delle scuole 3.0. I nostri figli non possono più essere ospitati in strutture sismicamente vulnerabili, le loro vite non possono più essere appese al filo dello 0,1, 0,3 o 0,5, ossia, agli indici di vulnerabilità. I bambini meritano di abitare strutture in cui la loro vita non sarà in nessun modo turbata, strutture in cui giocheranno, studieranno, apprenderanno e creeranno una coscienza critica”.
Sul come raggiungere l’obiettivo il Comitato ha le idee chiare. “Intanto colmando le lacune dei tanti riferimenti normativi. Si può far entrare tra gli edifici strategici la scuola. Si può prevedere una sanzione per le Amministrazioni che non effettuano le verifiche di vulnerabilità, si decide che il posto in cui i giovani passano gran parte del loro tempo non possa che esser sicuro al 100%. Abbiamo ricordato i giorni intercorsi dal 24 agosto 2016 ad oggi. Numerosi giorni di scuole chiuse per verifiche di agibilità e compilazione di schede AEDES. Questi mesi senza andare a scuola, non sono stati una vacanza, tutt’altro, questi giorni di assenza, hanno causato un ritardo nella formazione dell’intera generazione scolastica del Centro Italia. I nostri figli, oltre ad essere in scuole non sicure, vivono stati di tensione emotiva, sono provati psicologicamente, e non hanno ricevuto la stessa preparazione dei loro coetanei nel resto d’Italia. Eppure a loro si chiederà di sostenere le prove Invalsi, a loro si chiederà di sostenere gli esami di stato e i maturandi di queste terre dilaniate, dovranno fare gli stessi test di ingresso universitari di chi ha potuto prepararsi tranquillamente. Abbiamo parlato ancora di sicurezza e siamo entrati nel ginepraio delle prove di evacuazione, delle vie di fuga, insomma nel groviglio di tutti quei presìdi che dovrebbero essere usati in tutta Italia e provati e riprovati con personale specializzato nella gestione delle emergenze”.
E ritorna quel concetto di scuole sicure. “Esse lo sono, anche quando permettono di abbandonare l’edificio senza nessuna difficoltà. Quindi il discorso ha toccato il numero di studenti per ogni classe: la sicurezza all’evacuazione la si ottiene con l’abolizione delle classi pollaio. Altra problematica riguarda le scuole di quei piccoli centri nell’Appennino, che hanno perso ogni tipo di resilienza, che hanno subito continui tremori, emergenza neve e solitudine. In quei posti i pochi bambini che sono rimasti, tre o quattro a paesino, non possono esser portati in scuole distanti anche 50 o 60 km; quei bambini non si meritano ulteriori sacrifici alzandosi alle 6 del mattino per raggiungere una scuola! ‘Le scuole sicure’ è un punto di arrivo che si attua a piccoli passi, raggiungendo mete. Sicuramente, i genitori, tutti, vogliono ottenere questo tipo di scuola per i propri figli. Ma l’Italia della burocrazia e dell’immobilismo ha fatto perdere la speranza ai più. Noi, invece, con l’incontrarci prima tra noi così numerosi e poi con Save The Children che da sempre si occupa dell’infanzia e dell’adolescenza, abbiamo capito che questo pezzo di futuro dobbiamo pretenderlo e possiamo ottenerlo. Nasce da questo incontro una fattiva collaborazione tra due realtà che collimano negli intenti e nelle finalità. Abbiamo acceso una speranza – concludono dal Comitato Scuole Sicure Italia – e c’è luce nel futuro”.
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