Con le ultime mareggiate il Circomare ha emanato un’ordinanza con cui si riduce da 3,5 a 3,2 metri il pescaggio delle imbarcazioni che possono entrare in porto (leggi l’articolo). Morale della favola, i fondali dell’ingresso dell’approdo si sono nuovamente ridotti, insabbiati. E a far sentire la sua voce è il candidato sindaco Marco Marinangeli: “L’insabbiatura del porto è un problema ad orologeria: chi amministra se ne ricorda solo ad ogni ordinanza della Capitaneria. Sono passati appena quattro mesi dall’intervento costato oltre 200 mila euro ed eccoci di nuovo punto e a capo: con le mareggiate della stagione sono diventati soldi pubblici gettati al vento. Ora l’amministrazione annuncia una nuova azione da 90 mila euro ma è storia che da qui a qualche mese ci troveremo di nuovo tra le mani una nuova ordinanza di divieto della Capitaneria. Occorre una soluzione e questa c’è. Nel 2010 la società concessionaria della struttura portuale aveva presentato alla Regione un progetto per un nuovo pennello, previo smantellamento di quello attuale, che secondo gli esperti avrebbe potuto frenare il fenomeno dell’insabbiamento. L’iter burocratico è andato a compimento con il parere favorevole sia della Regione che del Demanio. Il costo dell’intervento nel 2010 era di 60mila euro a carico del concessionario.
Che fine ha fatto questo progetto? Perché non viene attualizzato? Andremo a spendere a breve 90 mila euro per un intervento tampone perché non cercare con il privato modi e maniere per un intervento che ha il nulla osta dei tecnici? La politica dello sperpero di denaro pubblico deve avere uno stop: chi amministra, passata l’emergenza, deve mettere in atto strategie per risolvere il problema in maniera fattiva. E’ vero che il porto ha un concessionario privato ma sta alla politica attivare il dialogo e condividere soluzioni altrimenti rischiamo oltre che insabbiare l’imboccatura anche di rovinare l’immagine dell’infrastruttura visto che negli anni tanti e tanti diportisti hanno abbandonato la struttura, oltre ai pescherecci sangiorgesi costretti ad emigrare”.
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