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Niente arresti domiciliari:
Mancini resta in carcere

Amedeo Mancini

Amedeo Mancini

di Giorgio Fedeli e Paolo Paoletti

Un provvedimento singolarissimo“. Questo il commento a caldo di Francesco De Minicis, avvocato difensore di Amedeo Mancini accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del nigeriano Emmanuel. La richiesta di arresti domiciliari per Mancini è stata respinta. Amedeo resta nel carcere di Marino del Tronto: questa la decisione del gip Marcello Caporale che non ha accolto l’istanza presentata lo scorso 26 luglio.

In sintesi la motivazione del G.I.P. è chiara: Mancini ha colpito Emmanuel poco dopo che il nigeriano si era allontanato.
Quindi non essendoci contemporaneità tra l’aggressione di Emmanuel (dovuta a reazione per gli insulti razzisti) e il pugno di Mancini che ha provocato la morte, non è possibile parlare di legittima difesa o di eccesso colposo nella stessa. Anche perchè al momento della seconda colluttazione Emmanuel non minacciava più Mancini con il segnale stradale o altri corpi contundenti ma si stava allontanando. Questa versione, riferita da un testimone oculare, non è stata smentita dagli altri, ed è quella si cui si basa l’accusa del GIP. Dal documento emerge però come ormai certa la versione che vedrebbe Mancini colpito dal palo e non viceversa. (leggi l’articolo)

Entrando nel dettaglio, secondo il giudice, la causa di giustificazione della legittima difesa non si può ritenere provata e le esigenze cautelari non appaiono attenuate, tenuto conto anche dei pochi giorni trascorsi dall’applicazione della misura cautelare in carcere. Nel provvedimento si legge quanto segue: “Il giudice Marcello Caporale, letti gli atti relativi al procedimento penale a carico di Amedeo Mancini (…), vista l’istanza presentata nell’interesse del medesimo lo scorso 26 luglio, volta alla sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applicata con ordinanza del gip, (…) preso atto del parere contrario del Pm espresso il 26 luglio, osserva: l’istanza non merita accoglimento. (…) la sostituzione di una misura cautelare con altra meno grave presuppone che le esigenze cautelari risultino attenuate o che comunque la misura in atto non appaia più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata all’indagato/imputato. Nel caso che ci occupa, rispetto alle ragioni che sono state poste a fondamento della scelta della misura da parte del giudice, la difesa non ha dedotto alcun fatto nuovo costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare idoneo a giustificare (…) la sostituzione richiesta ma ha solo proposto una diversa ricostruzione della sequenza temporale e delle modalità degli accadimento, che non si può condividere. In particolare la difesa ha insistito nel sostenere che non vi sarebbe stata una soluzione di continuità nella condotta aggressiva dei due coniugi di colore a danno di Mancini. A avviso del giudicante, invece, non si può escludere che vi sia stato uno iato temporale tra il primo scontro, che si è svolto tra l’indiziato e i due coniugi, e la successiva colluttazione, avvenuta solo tra il primo e Emmanuel: chiacché l’allontanamento di costoro, dopo che Mancini era rovinato a terra, è stato riferito da M.T. e non è stato smentito dagli altri due testimoni oculari del momento centrale della vicenda, i quali semplicemente non l’hanno notato. (…) mentre non è raro che sfugga a un testimone un segmento dell’episodio cui assiste, nel caso di specie bisogna valutare anche la rapidità con cui si sono svolti i fatti, l’inevitabile confusione che si è creata e il presumibile spavento provocato in coloro che si sono trovati presenti in quel momento, è per contro molto difficile che una persona veda, e poi racconti, ciò che non è realmente successo. D’altronde anche dal punto di vista logico, è verosimile che i due uomini di colore, dopo che l’indagato, attinto dal segnale stradale, era caduto a terra, dove era stato poi colpito pure dalla donna, si siano considerati “soddisfatti” avendo sfogato la rabbia per gli insulti ricevuti dal prevenuto, e abbiano perciò considerato chiuso l’episodio, decidendo di separarsi da lui. Infine va evidenziato che durante la seconda colluttazione Mancini non doveva fronteggiare più persone, né doveva difendersi dall’utilizzo del segnale stradale o di altro corpo contundente, e che la sua superiore prestanza fisica è riconosciuta anche dalla difesa (…). In conclusione poiché permangono i gravi indizi di colpevolezza indicati nell’ordinanza di cui di chiede la sostituzione, la causa di giustificazione della legittima difesa allo stato non si può ritenere provata (altrimenti la misura andrebbe revocata e non semplicemente sostituita) e le esigenze cautelari non appaiono attenuate, tenuto anche conto dei pochi giorni trascorsi dall’applicazione della misura de qua, la richiesta deve essere respinta”. Quindi “rigetta l’istanza”.


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