La delicata comunicazione medica:
parola all’oncologo Renato Bisonni,
voce del Fermano al festival Kum!

ANCONA - Il dirigente medico dell'Unità operativa complessa di Oncologia dell’ospedale Murri di Fermo al festival culturale Kum! per parlare del rapporto tra malattia, medici, pazienti e media
L'intervento del dirigente dell'Uoc Oncologia del Murri di Fermo, Renato Bisonni, al Kum!

L’iniziale intervento del dirigente dell’Uoc Oncologia del Murri, Renato Bisonni

Un intervento applauditissimo, che ha parlato al cuore, non solo alla ragione del pubblico, quello di Renato Bisonni, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Oncologia dell’ospedale Murri di Fermo al festival culturale Kum! tenutosi dal 10 al 12 novembre scorsi alla Mole di Ancona. E che ha visto sul palco succedersi decine di intellettuali delle più svariate discipline, il meglio del sapere marchiano per un confronto e un’interazione col pubblico su un tema a dir poco delicato come quello legato alle forme di ingovernabilità nella cura, nell’educazione, nel governare, un faccia a faccia tra Lectio, Dialoghi, A tre Voci, Conversazioni, Ritratti, Cinema, Psicologia.

L’oncologo Renato Bisonni

L’oncologo Renato Bisonni, che tra le varie attività, vanta anche la creazione, insieme alla professoressa Rossana Berardi, di Marcangola – rete associazioni Oncologia Marche, realtà che ha riunito le varie associazioni di volontariato in un unico soggetto di riferimento per favorire il coinvolgimento delle associazioni tutte in ambito medico e istituzionale, ha preso parte, sabato scorso, alla conversazione “Come parlare del male, i medici, i pazienti, i media” nell’ambito della tre giorni di cultura e informazione tenutisi dal 10 al 12 novembre alla Mole di Ancona. Con lui, sul palco, illustri esponenti del mondo medico e accademico delle Marche come il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Sauro Longhi, il direttore generale degli Ospedali riuniti di Ancona, Michele Caporossi, il direttore della clinica di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera di Torrette, Rossana Berardi, il preside dell’Università Politecnica delle Marche, Marcello D’Errico e il consigliere regionale con delega alla Sanità, Fabrizio Volponi. A moderare il dibattito l’autore e conduttore Massimo Cirri. Un intervento, una presenza, quelli di Bisonni, che, al di là dello spessore comunicativo e scientifico, hanno anche dato lustro e voce al Fermano. L’oncologo del Murri di Fermo si è addentrato nei meandri del difficile rapporto tra il rigore scientifico e la sua mediazione nel linguaggio medico verso i pazienti, i familiari e i media.

 

 

L’INTERVENTO DELL’ONCOLOGO RENATO BISONNI
“Abbiamo parlato di comunicazione in campo medico e delle difficoltà di livellare i codici comunicativi per una buona informazione medica. Un ruolo fondamentale nella comunicazione della malattia è rappresentato da quel segmento tra il codice deontologico e la comunicazione stessa. I pazienti devono essere coinvolti in ciò che è loro, tempi, cure, che cosa li aspetta. Noi dobbiamo utilizzare una sorta di Stele di Rosetta, ecco dunque che dobbiamo usare un codice che sia accessibile, in termini di comprensione, alla persona che abbiamo davanti. Dobbiamo, noi medici, essere in grado di usare un codice necessario affinché poi non si crei quella ingovernabilità al centro di Kum! 2017. Tutti i pazienti hanno bisogno di chiarezza e se non hanno acquisito fiducia in noi si crea una frattura insanabile. Purtroppo internet ha provocato dei danni mostruosi ma se così è, è anche colpa nostra perché se noi medici riusciamo a fornire tutte le informazioni di cui i pazienti hanno bisogno con chiarezza e sincerità, non vi è necessità di ricercare informazioni in rete, attraverso quel famigerato dottor Internet che tanti danni causa. Ma contestualmente dobbiamo riscoprire il valore del silenzio, soprattutto in situazioni così complicate, nell’attesa della visita. In conclusione dobbiamo riuscire a fornire tutti gli essenziali elementi ma in primis riuscire a parlare con lo stesso linguaggio del paziente, rispondere alle sue domande. Da tempo adotto lo strumento della seconda visita nel corso della quale il paziente può chiedere tutto quello che non gli è chiaro o quello che non ha saputo comunicarmi con chiarezza nel corso della prima visita, o quello che non sono io riuscito a trasmettere. Quei minuti sono fondamentali affinché tutto ciò che avverrà da lì in avanti, con l’inizio del percorso terapeutico, non sia ingovernabile”.

L’oncologo Renato Bisonni, dopo il suo iniziale intervento, risponde ai quesiti del pubblico

LE DICHIARAZIONI DI MASSIMO RECALCATI E FEDERICO LEONI
“Kum! è una parola presente nel testo biblico, e sta a significare “Alzati!” uno sprone a ricominciare a vivere, in senso più ampio rispetto alla mera cura, nell’accezione che include socialità, rapporti interpersonali, rapporti con se stessi, con la comunità. E, certo, anche con il male, con la malattia. Nella parola Kum c’è l’appello – il pensiero di Massimo Recalcati, direttore scientifico del festival, alla sua prima edizione dedicata all’Ingovernabile – che la vita possa fare della propria caduta una grande occasione di trasformazione. Il sottotitolo riprendere un’espressione di Freud, tre mestieri impossibili che hanno a che fare con il curare, l’educare e il governare, in cui la vita umana si confronta con i propri limiti. Un terremoto, un bambino iperattivo, una malattia oncologica grave sono espressioni dell’ingovernabile. Decliniamo appunto l’ingovernabile in forme e in modi differenti coinvolgendo studiosi che appartengono alle discipline più diverse, dalla storia dell’arte alla medicina, dalla psicoanalisi alla filosofia dall’antropologia all’economia.
In questa regione d’Italia la terra ha tremato violentemente generando morte e disastri. L’onda sismica è una espressione potente e terrificante dell’ingovernabile. Sufficiente a mostrare all’uomo tutta la sua insufficienza di fronte all’indifferenza della Natura. Ma l’ingovernabile riguarda anche più da vicino la vita umana. La malattia del corpo, l’esuberanza della vita che vuole vivere, la spinta della pulsione, il nostro destino mortale sono esperienze radicali dell’ingovernabile. Lo stesso accade per la vita della polis che fronteggia sempre qualcosa che sfugge al controllo e alla padronanza: flussi migratori, violenza erratica, conflitti insanabili, odio e invidie sociali. La vita umana è esposta alle turbolenze dell’ingovernabile. Il lavoro della cultura non è quello di sottomettere queste turbolenze ad un regime simbolico dispotico e arrogante. L’ingovernabile ci costringe a fare amicizia con lo straniero. L’arte della poesia e della scrittura offrono un esempio illuminante di quanto sia necessario accogliere l’esposizione all’ingovernabile come un tratto costitutivo della condizione umana facendone non un male insopportabile ma la fonte stessa della creazione. Massimo Recalcati Direttore scientifico”.

“Kum! nasce dal desiderio di riflettere sul gesto fondamentale della cura. Kum! – aggiunge Federico Leoni, coordinatore scientifico del Festival – è la parola che Gesù rivolge alla fanciulla che ha risanato. “Alzati!”. È l’invito che accompagna ogni gesto che restituisce la vita alla vita. Mancava in Italia un luogo in cui riflettere sulla cura facendo tesoro di competenze diverse, spesso disperse in contesti incomunicanti. Abbiamo creato questo luogo. Ogni anno ad Ancona si danno appuntamento medici e filosofi, psicoanalisti e antropologi, letterati e scienziati, per interrogarsi su che cosa sia la cura nelle tante prospettive di cui sono testimoni. Il sottotitolo del festival è: “Educare, curare, governare”. Il gesto del prendersi cura si amplia, anche educare, anche governare è un prendersi cura. Quel gesto riguarda gli adulti come i bambini, i singoli come i gruppi, le istituzioni, il pianeta. È anche di quest’ampiezza di significati che vogliamo farci carico. È stato Sigmund Freud a mettere in serie l’educare, il curare, il governare. Li ha pensati come tre modi di incontrarsi tra esseri umani. Tre modi che attestano un’impasse, una fondamentale impossibilità. Ogni incontro è un incontro singolare, basato su un sapere parzialissimo, segnato dalla consapevolezza che anche nell’incontro più felice qualcosa si sottrae, resta misterioso, inavvicinabile. Riconoscere che ogni gesto di cura diventa possibile quando si misura con la sua impossibilità fondamentale, significa avviarsi a frequentare la dimensione della cura in modo nuovo. In modo radicalmente umano”.

 


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