Amedeo Mancini
Il ministro Alfano e il prefetto Di Lullo
di Giorgio Fedeli
Omicidio preterintenzionale con l’aggravante della finalità di discriminazione razziale: con questa accusa è stato fermato questa mattina Amedeo Mancini, indagato per l’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi, il richiedente asilo nigeriano pestato a morte l’altro ieri a Fermo, mentre difendeva la compagna dagli insulti razzisti. Amedeo Mancini, 38 anni, imprenditore agricolo, vive con il fratello ed è conosciuto in città come un ultrà. Era noto alle forze dell’ordine per intemperanze ed è stato sottoposto a un Daspo. E’ in corso l’interrogatorio in Commissariato.
A parlare, nella conferenza stampa in prefettura, questa mattina alle 12 è stato solo il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Al suo fianco il prefetto Mara Di Lullo e il procuratore della Repubblica, Domenico Seccia. Al tavolo anche il questore Mario Della Cioppa e il vertici regionali e provinciali dell’Arma dei carabinieri. In sala i rappresentanti di tutte le forze dell’ordine: “Questo è un giorno molto triste per la comunità di Fermo ed è un giorno in cui come Governo segniamo il confine invalicabile tra coloro che mettono al primo posto il contrasto al razzismo, valore imprescindibili per la comunità nazionale, e coloro che sul tema del razzismo si distraggono. E’ una drammatica storia di libertà finita male. Do due notizie: il Procuratore Seccia mi ha comunicato che è stato fermato Amedeo Mancini, responsabile dell’omicidio, con l’accusa di omicidio preterintenzionale aggravato dalla finalità razzista (leggi l’articolo). Ringrazio Seccia per l’aggravante, dà la misura di come l’attività investigative va nella direzione giusta, quella del movente razziale”.
Il procuratore Domenico Seccia
L’Italia, le Marche, Fermo non sono rappresentate da Mancini ma dalla commozione e dalle lacrime che il sindaco Calcinaro ha versato durante il nostro comitato – ha continuato Alfano – Fermo è rappresentata da un sindaco, dal suo dolore, dalla sua rabbia e da coloro che simbolicamente hanno partecipato ieri sera alla fiaccolata. Siamo un’Italia con un grande cuore, campioni del mondo di accoglienza. La seconda notizia: la Commissione territoriale che valuta le domande di protezione internazionale ha accolto quella della moglie di Emmanuel (presentata il 30 maggio), a lei è stato conferito lo status protezione umanitaria. Quella di Emmanuel e della moglie è una bella storia di libertà che don Vinicio mi ha raccontato: una coppia di cristiani, perseguitati in quell’area della Nigeria dove le persecuzione ai cristiani sono all’ordine del giorno. Volevano sposarsi ma mancavano i documenti. E don Vinicio ha trovato l’antico strumento giuridico della promessa di matrimonio. Il loro sogno di libertà si è infranto contro la violenza di un cittadino italiano pregiudicato, con numerosi precedenti penali, daspato. Le indagini non hanno ancora chiarito tutte le modalità, andranno approfondite ulteriormente, ci stanno lavorando la Procura e le forze di polizia. Speriamo che a breve arrivi una risposta chiara. Ma abbiamo già dato un segnale chiaro per scongiurare ogni ipotesi di viralità e contagio. Da questo episodio emerge il fatto che seminando odio si può raccogliere sangue, il germe del razzismo è da stroncare. Il comitato provinciale si riunisce per sostenere la libertà, la vita e l’antirazzismo. Abbiamo fatto una relazione di insieme sulla situazione di delittuosità e l’andamento dei reati a Fermo, trattato il tema della prostituzione, con un’analisi lucida e preoccupata del sindaco e del presidente della Provincia. Siamo qui per scongiurare un fenomeno di contagio razziale, italiani campioni del mondo dell’accoglienza. Il procuratore e il prefetto segnalano che Emmanuel si era inserito. Siamo un popolo accogliente ma non possiamo accogliere tutti. Collegamenti (come sostenuto da don Vinicio) con le bombe? (quelle esplose davanti a quattro chiese del Fermano negli ultimi mesi). La procura sta seguendo un paio di piste, una prevalente e una marginale ma monitorata, con moventi differenti”. E, in questo caso, alla domanda della stampa, la risposta più “diretta” la fornisce il procuratore Seccia scuotendo la testa, un silenzioso ma evidente “no”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati