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Le Paralimpiadi vestono
“Made in Porto San Giorgio” grazie a Caterina Botticelli

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Caterina Botticelli

“E anche questa avventura giunge al termine. Cosa mi ritrovo tra le mani? Difficile da descrivere in una manciata di parole. Ancora troppo presto. Ci vuole tempo per metabolizzare! Quello che so è che in questo momento il mio cuore è gonfio di immagini di emozioni e di lezioni da mettere nel mio bagaglio. A poco a poco vado avanti certa di aver lasciato qualcosa anche io a tutte le persone che hanno incrociato il mio passo in questi mesi. Certa che un pezzo di cuore rimane in questa Cidade Maravilhosa. Obrigada. E ora vamos la”. Così Caterina Botticelli, stilista sangiorgese, tirava il suo bilancio ieri sulla sua pagina Facebook. E che bilancio. La 43enne sangiorgese, infatti, è la stilista che si è occupata dei vestiti per la cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi 2016 di Rio, ieri sera. L’ultimo traguardo centrato da Botticelli. Ultimo di una lunga serie.

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La cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi 2016 di Rio

“Ho sempre lavorato in teatro, per essere più precisa nell’opera lirica, e – racconta la sangiorgese – ho avuto la fortuna di lavorare con molti grandi nomi del teatro tra cui Zeffirelli e Ronconi, a Verona, Cagliari, Firenze. E quest’anno ho firmato anche i miei primi costumi a Francoforte. Ho cominciato a lavorare per i giochi olimpici dieci anni fa a Torino. Quando la costumista, Giovanna Buzzi mi ha chiamato mi sembrava un sogno, lavorare con i costumi, con numeri incredibili di persone da vestire, parliamo di 10mila persone. L’esperienza è stata bellissima, oltre al lavoro durissimo ho avuto la possibilità di apprendere un metodo di lavoro totalmente diverso da quello che conoscevo. Tutto è scandito e curato fino all’ultimo dettaglio. D’altra parte si è in mondovisione, ed è “buona la prima”. La parte più bella comunque resta quella umana, si ha la possibilità di lavorare, conoscere, essere amici di persone che, come te, sono sempre con la valigia in mano. Arrivano dalla Germania, dall’Australia, dal Canada, dalla Francia, dal Messico, e via dicendo. Un insieme di culture indescrivibile. E soprattutto con i volontari, senza di loro sarebbe impossibile fare un’Olimpiade: lavorano giorno e notte con te, pronti a fare un lavoro spesso massacrante per la propria nazione. Da parte nostra c’è la volontà di insegnare a loro un metodo, di farli divertire. In cambio arrivano sempre una ventata di allegria e un amore indescrivibile. Possono essere di tutte le età, dai 18 ai 70, e per tre mesi condivi con loro foto di famiglia, lavoro, sforzi, e tante lacrime di nostalgia quando tutto finisce. Questa è stata la mia quarta olimpiade dopo Torino, Londra e Sochi. Il mio lavoro e la mia conoscenza sono cresciuti molto. Il mio ruolo, ad esempio, a Rio è stato più organizzativo. Oltre a aver fatto una parte di produzione, al Maracana mi sono occupata di tutta quella che è la gestione dei fitting, prove costume e messa in scena dello spettacolo. Con riunioni sulla pianificazione di ogni secondo spettacolo. Qui nel reparto siamo quattro italiani. Siamo già un team da molti anni, supervisionato da Silvia Aymonino, costumista teatrale e meravigliosa organizzatrice. La nostra squadra comprende altre 20 persone brasiliane, più una squadra di sarte, sempre brasiliane, supervisionate da Ernest, il nostro tagliatore di Malta. Ci siamo occupati di circa 15mila costumi.

Giorgio Fedeli (foto-frame dal sito www.raisport.rai.it)

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