Non solo servizi sanitari, ma anche un’opportunità per disegnare i prossimi decenni di Campiglione come nuovo baricentro della provincia fermana. Questi i temi messi sul tavolo ieri sera con l’incontro promosso in streaming dal Centro studi Carducci, incentrato sulla programmazione futura, in termini di viabilità ed infrastrutture, dell’area intorno alla quale sorgerà il nuovo ospedale di rete dell’area vasta 4 Asur. Vede il nuovo ospedale come “un segnale della volontà di riequilibrare un territorio sbilanciato verso la costa” il presidente del Carducci, Luca Romanelli. “Il nosocomio sarà un nuovo baricentro, all’interno di un’area interessata da riconversioni di attività produttive mai completate e dove si concentreranno investimenti infrastrutturali importanti. E’ molto positivo che il comune di Fermo abbia affidato uno studio e previsto un coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, residenti e stakeholders”.
Il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro è convinto serva “aggrapparsi a tutte le opportunità di muovere l’economia e generare posti di lavoro. Intorno al nuovo ospedale si gioca il futuro della città, ciò che si realizzerà a Campiglione interessa anche i quartieri più lontani. E’ normale e necessario ridisegnare la zona, dobbiamo portare servizi e riqualificare l’esistente. Non vogliamo che nascano alveari, nè verticali nè orizzontali, occorrono opere tese a migliorare la vivibilità e la mobilità. La dottoressa Sara Pistolesi, campiglionese e consigliera comunale, ha assunto il coordinamento del tavolo costituito per un progetto partecipato. Abbiamo ripreso uno studio già effettuato da Nomisma anni fa, su spinta di alcuni imprenditori, in particolare Bruno Cardinali e Graziano Di Battista. Non sarà un’urbanistica calata dall’alto. Credo soprattutto che questo territorio debba credere di più in se stesso”.
La presidente della provincia di Fermo, Moira Canigola, condivide “la grande opportunità da cogliere in un contesto di crisi, la devono cogliere Fermo e tutto il territorio provinciale. Sono stati previsti già investimenti per l’ampliamento della lungoTenna, la rotatoria di San Marco Paludi, l’ampliamento della strada da Torre San Patrizio, alcune sistemazioni della Mezzina, sono iniziati i lavori per la bretella Girola. Abbiamo bisogno di infrastrutture che non intasino centri abitati e dobbiamo pensare anche a rendere più raggiungibile il nuovo ospedale dai territori della provincia più distanti”.
Tocca agli esperti di Nomisma, protagonisti del tavolo per la ridefinizione urbanistica di Campiglione. Massimiliano Colombi cita Jane Jacobs: “La complessità di una città non può essere creata da un pugno di uomini armati di squadra e righello, la centralità rimane il cittadino. Dobbiamo passare da un’operazione tecnica a un progetto di comunità. Abbiamo già raccolto oltre 700 interviste di cui il 20% da fuori Fermo. L’attività di ascolto ancora in corso, al sito web del comune di Fermo si possono richiedere incontri. Abbiamo notato da parte della cittadinanza una grande attenzione alla micromobilità. Occorrerà armonizzare le tensioni che si creeranno tra i nuovi contesti che si realizzeranno nell’area di Campiglione. Questa variante urbanistica ha mosso una governance plurale e partecipata”.
Marco Marcatili, responsabile sviluppo di Nomisma, evidenzia alcuni passaggi cruciali: “L’investimento di NeroGiardini a Campiglione, la scelta del nuovo ospedale, il coraggio di alcuni imprenditori di puntare su un progetto di urbanistica condivisa, la candidatura del Comune dell’area ex Sacomar ad un bando nazionale, infine l’attuale scelta di un progetto di variante. Abbiamo studiato altre realtà italiane che hanno realizzato dal 2010 al 2014 ospedali simili. Ci sono alcune questioni centrali: la mobilità, il mantenimento di un ecosistema di paesaggio e di salute, l’esigenza di coniugare ai nuovi insediamenti il mondo della ricerca e della conoscenza. Dobbiamo prevedere l’interessamento ad investire di realtà del privato sociosanitario. Il nuovo ospedale può favorire investimenti nelle nuove tecnologie e nel ramo sociosanitario, ma anche residenzialità per l’accoglienza, insieme ad attività produttive, sia tradizionali che nuove. Dobbiamo pensare a Campiglione come una città nella città, interconnessa con gli altri centri. Credo che in questa progettualità occorra decidere cosa non vogliamo. Il resto, nel tempo in cui viviamo, va lasciato alla flessibilità. Questo può diventare un laboratorio di nuove soluzioni”.
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