di Giuseppe Fedeli *
Oggi regna sovrana la cultura della morte, perché si cerca nel contrario-della-vita quel senso, che la vita non dà più. Gli adolescenti seguono mode che inneggiano, talvolta malcelatamente, talaltra espressamente, al non-senso, senza nemmeno rendersi conto che cosa significhi e quali implicazioni comporti questa scelta. Mode che, sotto il diktat inflessibile del circuito mediatico/ipertecnologico, ne anestetizzano le emozioni, costringendo gli utenti (avatar/cybernauti) a confrontarsi non più con il reale, ma solamente con il virtuale. Col risultato che quello che sta fuori del loro habitat (basta una stanza -la caverna platonica, usciti dalla quale si ritorna al “nido” più spaventati di prima- e un marchingegno telematico, con tanto di annessi e connessi) è spaesante (molto più facile “vivere” di notte…). Rifugiandosi, tuttavia, nella loro comfort zone, i giovani non fanno altro che allargare la forbice, dietro schermi algidi quanto rassicuranti, estranei a ogni con-tatto. E poiché nelle relazioni umane non si può fare a meno della “fisicità” (nel senso di vicinanza fisica), pena la negazione delle stesse, quando la “mente convergente” (quel sistema binario on/off, sì/no, il duale vero/falso che ci riporta alla preistoria)tutto governa , non c’è più spazio per fantasie e proiezioni di desideri: così risolvendosi il “cosmo” in un hortus conclusus (spazio chiuso), nel quale l’asticella si abbassa o si alza a seconda del livello mentale di chi ne fa uso. I giovani – ma non escludiamo i “diversamente” giovani …- si affacciano attimo dopo attimo su questo abisso del Niente, sempre più prigionieri della loro solitudine autistica.
* giudice
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