“Caro Fabio, ti ricordiamo gentile e disponibile con tutti. Abbiamo vissuto con te tristezze e bei traguardi. Ti abbiamo accompagnato in questo difficile mondo dei non-vedenti cercando di farti vedere la vita in un’altra prospettiva”. E’ così che alcuni amici dell’associazione nazionale Ciechi ed Ipovedenti hanno salutato, oggi pomeriggio, nella chiesa del Beato Antonio di Amandola, il giovane Fabio Centoni trovato esanime tra le acque del fiume Tenna lunedì scorso.
Una Chiesa gremita di gente, raccolta attorno alla famiglia benvoluta nel paese come benvoluto era Fabio. Un ragazzo che la vita ha segnato, pochi anni fa, non ancora trentenne, lasciandolo improvvisamente senza “luce”. Una strana sensazione che lui raccontava, all’inizio, sperando fosse un’infiammazione del nervo ottico ma che poi si è rivelata una malattia rara che piano piano lo avrebbe portato alla cecità. Un grande dolore, disagio che tutti possiamo comprendere e che alla fine lo ha vinto nonostante tutto, nonostante la sua grande fede, nonostante i suoi sacrifici e la sua forza di volontà. Aveva voluto imparare il Braille, aveva voluto imparare ad usare i programmi per ipovedenti al pc e al telefono. Aveva conseguito l’idoneità come centralinista dopo un corso di diversi mesi a Pesaro e si era iscritto nella lista delle “categorie protette” in attesa di un lavoro che lo facesse sentire ugualmente vivo. Una prospettiva diversa, certo, ma Fabio era fiducioso e spesso positivo. Prima di questo stravolgimento di vita, era stato universitario e impegnato in politica che viveva come servizio verso la collettività. Poi, improvvisamente il buio e questa ricerca disperata delle cause e delle possibili soluzioni. Infine, la certezza che non avrebbe più visto la luce, solo ombre e pian piano nemmeno quelle.
Sembrava avesse reagito. Così, pensavano tutti, compresi i suoi compagni dell’associazione Ipovedenti delle Marche e i suoi amici. Invece il dolore è subdolo e lo ha portato via alla sua famiglia, ad una comunità ancora incredula. Si poteva fare di più? E’ la domanda che tutti si sono posti. Il sacerdote ha fatto appello alla sensibilità di ciascuno, al tornare ad una dimensione più umana fatta di meno fretta e maggiori attenzioni a chi ci è vicino. Ecco il grande rammarico di tanti: non aver captato segnali di dolore. E ora solo una preghiera resta: che Fabio possa aver trovato finalmente quella Luce che cercava.
di Nunzia Eleuteri
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