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Criminalità economica:
Cerolini e Mellino complici,
mentre la politica tace

 

L'avvocato Giuseppe Bommarito

L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito *

Era da tempo che si stava mettendo male per Cerolini Giuseppe & Company. Da qualche mese si sentiva infatti nell’aria un sordo brontolio di tuono, che prima o poi doveva pur sfociare in una brutta tempesta. Né, ad evitare la catastrofe, potevano bastare lo sfoggio di una falsa sicumera da parte del Cerolini, i vaneggiamenti su fantomatici investigatori che starebbero operando fuori dalle regole nei suoi confronti e gli insulti grevi rovesciati addosso a chi si era solamente limitato a dire come in effetti stavano le cose. Ricordiamo, senza dimenticare i mega sequestri preventivi per oltre venti milioni di euro degli scorsi mesi (rimasti peraltro sostanzialmente inefficaci in via di fatto), solo gli ultimi avvenimenti che hanno preceduto l’arresto: lo sfratto per morosità dallo chalet Nero di Sole, a Porto S. Elpidio, con il nostro patron che da un lato affermava di non essere più titolare della società che lo gestiva e dall’altro per telefono chiedeva personalmente agli avvocati dei proprietari di prorogare il termine di rilascio; la lite giudiziaria in corso con la società affittuaria del bar Venanzetti di Macerata (qui Cerolini con una delle sue società è in subaffitto) per il rilascio del locale a seguito di forniture e canoni non pagati, con i dipendenti che sino a poco tempo fa lamentavano arretrati di alcuni mesi e con Marco Guzzini, garante da quasi un anno della continuità della gestione, che all’improvviso se ne è andato sbattendo la porta e ringraziando pubblicamente tutti meno che il Cerolini; un’analoga procedura di rilascio per il Lido Cluana a Civitanova; un ulteriore processo di recente apertosi al Tribunale di Macerata per truffa con false scritture private per oltre seicentomila euro; altre denunce in corso per reati fallimentari e per strane manovre e uso molto disinvolto (per usare un eufemismo) di firme telematiche relative ad alcune delle società del gruppo.

cerolini arresto 11Ma oltre a questi recenti e penosi sviluppi giudiziari, che comunque lasciavano intuire che il cerchio si stava inesorabilmente stringendo, altre vicende molto anomale ed inquietanti si sono verificate in questi ultimi mesi, tali da far letteralmente drizzare le orecchie agli inquirenti e da accelerare l’iter delle misure cautelari. In particolare, è emerso come particolarmente inquietante il caso di una serie di canoni di affitto dovuti da alcune società facenti capo al Cerolini, canoni inspiegabilmente, e senza alcuna preventiva comunicazione, pagati agli aventi diritto da persone fisiche o giuridiche di Crotone (!), che ovviamente nulla c’entravano con i contratti di locazione in corso. Né va dimenticato, per rimanere all’attualità, che il pericolo di reiterazione del reato, sulla cui base il gip del Tribunale di Macerata ha disposto la misura cautelare dell’arresto per Cerolini e per il suo sodale Giovanni Aldo Mellino, scaturisce dalla accertata prosecuzione anche nell’ultimo periodo (“arroganza pura”, secondo i vertici della Guardia di finanza maceratese) degli strabilianti magheggi con fatture false di cui il patron della Civitanovese è da molto tempo maestro indiscusso, con tanto di società fittizie, società estere, commistione indebita tra le varie società, operazioni commerciali inesistenti, prestanomi, uomini di paglia nominati all’ultimo giro come amministratori unici.

Il procuratore Giovanni Giorgio

Il procuratore Giovanni Giorgio che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza insieme al pm Enrico Riccioni

In ogni caso, la particolarità delle misure cautelari eseguite dalla Guardia di Finanza di Macerata di certo non sta negli arresti in sé (semmai la cosa che stupiva era il fatto che, per importi così elevati e con un quadro probatorio e/o indiziario talmente rilevante, esse tardassero così tanto a essere disposte). D’altra parte, tali misure vengono spesso e volentieri adottate in vicende analoghe: basti pensare – mantenendo lo sguardo fermo agli ultimissimi giorni – al noto “furbetto del quartierino” Stefano Ricucci, sbattuto a Roma in carcere, nemmeno ai domiciliari, per fatture false di circa un milione di euro (in altre parole, un dilettante rispetto al nostro Cerolini, a carico del quale la Guardia di Finanza sta indagando per importi almeno cento volte superiori).

No, la novità forte, almeno ad avviso di chi scrive, sta nella partnership delinquenziale riscontrata in questa fase delle indagini dalle forze dell’ordine tra il Cerolini e Giovanni Aldo Mellino, entrambi da ieri con il braccialetto elettronico al polso per accedere ai domiciliari ed evitare il carcere a Montacuto. Il Mellino, come è noto, già esponente di prima fila della sanguinaria omonima cosca crotonese-romagnola (costola del clan calabrese Vrenna-Bonaventura), è sbarcato da qualche anno, insieme ad altri esponenti di questo gruppo criminale, a Civitanova Marche, d’intesa con il Cerolini e grazie alla favoletta politicamente corretta della riabilitazione dopo il percorso carcerario. In realtà, secondo le motivazioni della misura cautelare, il Mellino è complice, oggi evidentemente in posizione di supremazia, del Cerolini in un disegno di “criminalità economica allo stato puro” portato avanti da diversi anni. Il tutto nel silenzio falso ed ipocrita delle istituzioni e delle forze politiche civitanovesi e provinciali, impegnate a tenere celata la progressiva espansione in città e in provincia della criminalità organizzata, la ‘ndrangheta in prima fila, ma non solo essa (si pensi alle mani della camorra sul gioco d’azzardo legale ed illegale lungo la costa maceratese), e, turandosi il naso, a dare visibilità anche mediatica al Cerolini patron della Civitanovese.

Giuseppe Cerolini questa mattina alla caserma della Finanza di Macerata

Giuseppe Cerolini ieri mattina alla caserma della Finanza di Macerata

Un sodalizio criminale, quindi, quello tra il Cerolini, il Mellino e tutti i rispettivi accoliti, una vera e propria associazione per delinquere, finalizzata a detta degli inquirenti ad una frode fiscale di straordinaria portata. E qui si fermano, almeno per il momento, le risultanze investigative, quanto meno quelle rese note. Ma il problema vero, il problema di fondo degli inquirenti, ai quali va dato comunque un grande plauso per le complesse attività di indagine svolte e per quanto sino ad oggi accertato, è un altro, ed è stato portato crudamente alla luce dalle recentissime e straordinariamente chiare parole di Vincenzo Macrì, procuratore generale della Corte d’Appello delle Marche: questo sodalizio tra Cerolini ed i crotonesi aveva solo una valenza di criminalità economica, sia pure di elevata rilevanza, oppure si inseriva a pieno regime nell’attività mafiosa di grande riciclaggio nel centro-nord della cosca crotonese, nelle continue aperture e veloci chiusure di tanti piccoli e medi esercizi commerciali da parte di soggetti spesso pluriprotestati (modalità tipica di riciclaggio, molto in auge a Civitanova), nel giro sempre più devastante della cocaina in tutto il territorio marchigiano, negli incendi intimidatori a taluni chalet della costa?

Il colonnello Amedeo Gravina

Il colonnello Amedeo Gravina

Difficile dirlo allo stato attuale delle conoscenze, anche se portano in questa direzione molte considerazioni, ivi comprese le parole del procuratore Macrì, forse arrivate anch’esse troppo tardi e dopo che l’operato della stessa magistratura inquirente marchigiana, da lui stesso diretta, ha evidenziato, quanto alla criminalità organizzata, ritardi sin troppo clamorosi, specie nell’ambito della Direzione Distrettuale Antimafia, tanto che nelle parole dell’alto magistrato non sono mancati riferimenti, sia pure senza i nominativi precisi, a vicende del maceratese di grande riciclaggio peraltro facilmente individuabili e tuttora inspiegabilmente in attesa di una soluzione da parte dell’autorità inquirente.

In ogni caso, al di là di talune contraddizioni della magistratura inquirente, occorrerà comunque tenere bene in mente da adesso in poi, anche per decifrare gli sviluppi del caso Cerolini/Mellino, le parole dell’alto magistrato della Procura Generale delle Marche: la nostra regione non è affatto un’isola felice, ma è, nonostante i silenzi interessati della politica, ormai completamente incistata dalla criminalità organizzata; le attività mafiose prevalenti in regione sono quelle del riciclaggio e dell’appannaggio di opere pubbliche; la droga, specialmente la cocaina (riserva di caccia quasi esclusiva delle cosche calabresi), circola a fiumi nel territorio regionale; la situazione, da qui in avanti, è destinata solo a peggiorare.

* Avvocato Giuseppe Bommarito, presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”


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