“Anche la neo nominata Consulta della Sanità, organismo permanente di consultazione, osservazione e collaborazione politica-amministrativa del Comune di Amandola, sembra abbia in qualche modo valutato il nuovo Protocollo di Organizzazione dell’attività chirurgica, adottato dall’Area Vasta di Fermo con determina direzionale n. 513 del 13 luglio 2016. In attesa che la Consulta proponga, suggerisca, promuova e soprattutto orienti il primo cittadino amandolese verso la difesa ad oltranza del nostro presidio ospedaliero montano, non possiamo non prendere atto di questa nuova organizzazione che si presenta criticabile nel metodo e particolarmente inaccettabile nel merito”. Inizia così l’intervento del Comitato per la Difesa dell’ospedale Vittorio Emanuele II di Amandola in vista della futura riorganizzazione.
“Sul piano del metodo – spiega il Comitato – si è voluto infatti riorganizzare l’attività chirurgica dell’Ospedale di Amandola senza un confronto con l’equipe chirurgia in esso esistente ma limitando la redazione programmatica al solo parere del Direttore Medico di presidio, peraltro facente funzioni. Un procedimento che sa di impositivo e di scarsa, se non nulla, considerazione nei confronti dei capaci chirurghi che da anni egregiamente lavorano nel nostro Ospedale. Una svista? Non sembra proprio, dato che l’organigramma dell’equipe in questione da tempo è mantenuto privo di un responsabile ovvero di un chirurgo coordinatore. Nel merito, basta una superficiale lettura delle 14 pagine di cui si compone il Protocollo per capire che non si tratta di un modello riorganizzativo bensì di un vero strumento atto a limitare le prestazioni chirurgiche erogabili dal nostro presidio montano. La non ammissibilità di «pernottamenti di operati in giornate diverse dal lunedì» appare chiaramente finalizzata a ridurre drasticamente l’attività operatoria, come anche il supporto anestesiologico garantibile al massimo per 54 ore settimanali, riducibili comunque in qualsiasi momento data la secondarietà che caratterizza l’Ospedale di Amandola in Area Vasta Fermana”.
Comitato che aggiunge: “Ulteriore chicca l’introduzione «di costante verifica e modifiche» del protocollo stesso in base all’andamento di indicatori di controllo alcuni dei quali non hanno precedenti sul piano nazionale. In altre parole da una parte si organizza per ridurre drasticamente l’attività e dall’altra si introduce un metodo di controllo che dichiarerà matematicamente la fine della chirurgia amandolese. E non solo perché la ridottissima presenza di medici anestesisti, oltre che condizionare l’attività chirurgica, vincola l’effettuazione di prestazioni diagnostiche (Rx, Tac, Endoscopie) che necessitano di assistenza anestesiologica, assistenza che di conseguenza viene a mancare soprattutto per le urgenze sia interne, per reparti e servizi, sia per le emergenze esterne. Un ulteriore papocchio di cui si poteva fare a meno. È ancora tempo perché politici ed amministratori locali, Sindaco di Amandola in testa, si convincano a sostenere a gran voce la riorganizzazione del nostro nosocomio quale Ospedale Montano senza subire passivamente scelte programmatiche deleterie”.
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