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Un’area di 600 chilometri quadrati
deformata dai sismi del 26 e del 30

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L’immagine della deformazione del suolo provocata dai terremoti del 26 e 30 ottobre, nell’elaborazione delle immagini fornite dai satelliti europei Sentinel 1 (fonte: Gruppo di lavoro SAR, INGV – Centro Nazionale Terremoti e IREA-CNR)

 

Deformata un’area di 600 chilometri quadrati dopo i terremoti del 26 e del 30 ottobre. Emerge dall’analisi dei dati del satellite radar Sentinel 1, del programma europeo Copernicus, elaborate dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dall’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Irea-Cnr). Secondo questo studio, la zona in cui si sono verificati “i maggiori movimenti del terreno” è stata delimitata dai ricercatori con un’ellisse lunga circa 40 chilometri e larga circa 15, ha spiegato all’Ansa Stefano Salvi dell’Ingv. Ogni frangia di colore rappresenta un abbassamento del terreno di circa 3 cm superiore alle frange adiacenti – spiega l’Ingv –. L’ellissi (di colore nero) indica la zona in cui si sono verificati i maggiori movimenti del terreno, più stretta a nord e più larga a sud, estesa in lunghezza per circa 40 chilometri e in larghezza per circa 15 chilometri che va da Pieve Torina ad Accumoli, in questa zona i dati dei satelliti hanno indicato le maggiori deformazioni del suolo. I simboli in giallo indicano il verso del movimento del terreno: il segno più indica il sollevamento del terreno e quello meno un abbassamento.

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In grigio la ricostruzione del piano di faglia attivato il 24 agosto; in rosa la possibile ricostruzione del piano di faglia dei terremoti del 26 e 30 ottobre (fonte: Gruppo di Lavoro SAR, INGV – Centro Nazionale Terremoti, IREA-CNR)

In questa seconda immagine sono evidenziati i piani di faglia.

Verso l’interno dell’ellisse il ribassamento del terreno aumenta fino a raggiungere, in prossimità di Castelluccio di Norcia, circa 70 centimetri sulla verticale. Fuori dall’ellisse, a est e a ovest, il terreno è stato sollevato di alcuni centimetri. La linea verde rappresenta invece l’andamento approssimativo del sistema di faglie che ha originato i vari terremoti della sequenza. La punta dei triangoli lungo la linea verde indica il lato in cui i blocchi di crosta terrestre sono ribassati lungo le superfici di faglia. Le stelle verdi mostrano, invece, i sismi del 24 agosto, del 26 ottobre (quello di magnitudo 5.9) e del 30 ottobre.  Nella seconda immagine invece c’è una prima ricostruzione dei due piani di faglia attivati con il terremoto del 24 agosto (in grigio) e di una possibile ricostruzione del piano di faglia sul quale sono avvenuti i sismi del 26 e 30 ottobre (in rosa). “Non si tratta ancora di un modello”, rileva l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Le frange di colore della mappa mostrano un movimento del terreno molto complesso, che indica lo scorrimento degli opposti blocchi di crosta terrestre lungo le superfici di faglia profonde che hanno causato i tre terremoti principali. Sono indicati anche i movimenti più superficiali, come scarpate di faglia, riattivazioni di frane e sprofondamenti carsici. La rottura direttamente legata al sisma è evidenziata da un movimento concentrico delle frange colorate, interrotte da movimenti di rottura più superficiali. “E’ il contributo dei terremoti alla costruzione dei paesaggi appenninici”, dice all’Ansa Stefano Salvi, dell’Ingv. Sono dati molto importanti, ha rilevato, perché permettono di “ricostruire nel dettaglio la posizione e le caratteristiche delle faglie profonde” e di ottenere in questo modo “informazioni molto importanti per la valutazione della sequenza sismica”.

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Le mappa della deformazione del suolo provocata dal terremoto del 30 ottobre, basate stu dei satelliti Cosmo SkyMed e Sentinel 1 (fonte: ASI, IREA-CNR)

Le mappa della deformazione del suolo provocata dal terremoto del 30 ottobre, basate stu dei satelliti Cosmo SkyMed e Sentinel 1 (fonte: ASI, IREA-CNR)

 


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