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“Ricordare non basta, educhiamoci alla pace”: il 27 gennaio e l’invito della Casa della Memoria di Servigliano

SERVIGLIANO – In occasione della Giornata della Memoria il direttore scientifico Paolo Giunta La Spada rimarca l'importanza del rapporto con le scuole

di Andrea Braconi

Recentemente Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria di Servigliano, ha lanciato l’allarme sul rischio che la Giornata della Memoria possa diventare “una ricorrenza fatta di celebrazioni rituali che perdono sempre di più senso”.

Professore, partiamo da qui, da questa sua riflessione che evidenzia un problema reale.

“Molti studiosi della Shoah, e anche diversi intellettuali ebrei, denunciano il rischio di una ritualità burocratica e ripetitiva, di un ricordo di ‘un giorno per non pensarci più per tutto l’anno’. Non basta proiettare ‘La vita è bella’ per far capire che il razzismo conduce all’odio tra esseri umani e, quindi, alla guerra. Ricordare non basta, bisogna ricostruire le storie di tante vite cancellate, partire dalle vicende del proprio territorio e indagarlo, insegnare la storia dei Giusti per far capire la responsabilità personale, coltivare la libertà di pensiero, educare alla pace. Dobbiamo renderci conto che è facile essere dalla parte giusta pensando al passato, ma oggi dove sono il bene e il male? Che cosa ha fatto il mondo per il Ruanda, per la Siria? Il male è sempre diverso, non basta insegnare il passato.”

E come si argina tutto questo?

“Si deve insegnare il passato per cercare di prevedere i presente e il futuro. Ricordare la Shoah è come una lente di ingrandimento per leggere il Male. Ricordare per esempio che la disumanizzazione della Shoah è simile a quella di tutti i genocidi. Ci dobbiamo porre l’obiettivo della prevenzione dei genocidi e riflettere sul fallimento delle istituzioni internazionali per riorganizzarle in forme utili a costruire la pace.”

Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria di Servigliano

L’attenzione sulla realtà di Servigliano negli ultimi anni è cresciuta, di pari passo alla vostra collaborazione con scuole ed istituzioni.

“Sono felice di far parte della Casa della Memoria di Servigliano, e di fare gratuito volontariato culturale e civile al servizio del territorio. Ogni anno Servigliano è visitata da migliaia di giovani che imparano la storia del campo di prigionia, ascoltano le testimonianze, visitano la ex-stazione ferroviaria, oggi Casa della Memoria.

Inoltre siamo andati incontro alle esigenze formative dei docenti delle scuole. Per esempio, l’ITI Montani di Fermo, storica scuola dove ho l’orgoglio di prestare servizio nella Sezione Agraria, ha mostrato grande attenzione ai problemi della formazione dei docenti e ha stabilito un accordo formativo di grande valore con la Casa della Memoria. Sono previsti corsi di formazione per docenti sui temi della Resistenza civile, sulla prigionia nel Novecento, sulla didattica della Shoah. Siamo in contatto con università, enti culturali e istituti storici in Europa che lavorano sul tema della ricostruzione della memoria e dell’educazione alla pace. Collaboriamo con Escape Lines Memorial Society, il Monte San Martino Trust e l’Eden Camp, nel Regno Unito; con l’Associazione Rosa Bianca di Monaco di Baviera, in Germania; con la Maison d’Izeu, in Francia.

In Italia collaboriamo con l’A.N.P.I., con il Museo della Resistenza di Roma, con l’Istituto Storico del Movimento di Liberazione di Fermo, con l’Istituto Storico del Movimento di Liberazione di Ascoli, con le aree museali dell’ex-campo di Fossoli e di Villa Emma, con il Museo della Memoria di Assisi, con il Comando Esercito Marche, con scuole di tutta Italia, e con molte Università. Collaboriamo con l’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia e con la Società di Studi Fiumani.

Tutto questo porta Servigliano al centro di una importante rete di contatti che è estesa all’Italia intera e all’Europa.”

In un mondo nel quale continuano ad alimentarsi movimenti xenofobi e leaderdship che fanno dell’intolleranza un cardine della propria azione politica, quanto è importante mantenere accesi i riflettori sul passato?

“Dobbiamo capire che, con la crisi economica e culturale che stiamo vivendo, si accresce il rischio di una deriva autoritaria, di una perdita di memoria che può precedere un’involuzione anti-democratica. Si deve dare più tempo e importanza allo studio della storia e concepire un nuovo modo di insegnare che permetta di trasformare le conoscenze in competenze civiche. Inoltre ai giovani va spiegato che una cosa è parlare dei problemi della sicurezza o discutere del governo dell’immigrazione, fenomeni che si possono considerare con idee del tutto diverse, e anche contrastanti.

Altra cosa è il razzismo. Il razzismo in passato ci ha portato solo alle guerre, alle dittature, alla perdita delle libertà e delle dignità, alla catastrofe. Il razzismo è contro il Vangelo, è anticristiano, è anti-scientifico, è anti-storico, è anti-umano. La vita che ci è stata donata perde qualsiasi dignità se non siamo in grado di capire la bellezza che c’è in ogni essere umano. L’orgoglio che abbiamo di essere italiani viene infangato e offeso da chi crede che il patriottismo consista nel non rispettare le patrie degli altri, le altre identità, le altre culture, il colore della pelle, i diversi occhi e le differenti parole. La nostra civiltà ripudia il razzismo. Dobbiamo sempre opporci e dire no a qualsiasi forma di razzismo.”

E quel passato come si racconta alle nuove generazioni, con quale linguaggio e quali contenuti?

“Bisogna abolire ogni forma di retorica, c’è purtroppo anche una retorica della Memoria. Si deve partire dall’analisi scientifica dei fatti, dalle testimonianze che raccontano il nostro territorio e il mondo, dal confronto tra fonti e testimonianze diverse. La storia non ha il compito di trasmettere valori codificati, siano essi convergenti o divergenti rispetto a quelli prevalenti nella società, ma deve promuovere una visione critica dei fenomeni che sono oggetto di studio, deve concorrere ad una formazione educativa consapevole, ad una autonoma determinazione della propria identità. Lo studio della storia concorre a promuovere coscienze libere, e quindi un Paese più libero.”


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