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L’INTERVISTA
Giorno del Ricordo, un libero confronto per evitare strumentalizzazioni

SERVIGLIANO – Le riflessioni di Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria, che domani ospiterà un incontro con gli studenti sulle persecuzioni a cui furono sottoposti gli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia dal 1944 al 1954

di Andrea Braconi

In occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria, con Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria di Servigliano, avevamo riflettuto sul valore di una simile celebrazione (leggi qui). Siamo tornati a parlare con lui, a poche ore dal Giorno del Ricordo.

Cosa si ricorda il 10 febbraio?

“A partire dalla fine del 1944 gli italiani abitanti nella Venezia Giulia e nella Dalmazia subirono violenze di pulizia etnica che si prolungarono anche dopo la fine della guerra. Tali violenze, per decenni, furono taciute per ragioni di politica internazionale. Tra i molteplici fattori, a segnare la triste sorte degli italiani, contribuì anche la politica di alleanza temporanea della Gran Bretagna, e degli USA, con il Maresciallo Tito, in funzione anti-nazista prima e anti-sovietica poi. Migliaia di innocenti furono uccisi e 300.000 persone furono forzate ad abbandonare i luoghi dove avevano, da sempre, vissuto. E’ essenziale ricordare e indagare gli eventi, ascoltare i testimoni dell’esodo, sviluppare il confronto, ricostruire e mantenere valori culturali e identità che fanno parte della storia d’Italia. E’ importante educare alla pace. A partire da un luogo, Servigliano, dove funzionò un importante Centro Raccolta Profughi.”

Non tutti, però, sembrano essere concordi sulla legittimità e sull’importanza di questa ricorrenza.

“Ad ogni Giorno del Ricordo si rinnovano, purtroppo, i tentativi di ‘negazionismo’ o di ‘relativismo’. Si tende a negare l’esodo, a minimizzare colpe e complicità: a giustificare le spaventose persecuzioni contro gli italiani limitando l’attenzione alle feroci violenze degli italiani e dei tedeschi in Jugoslavia dal 1940 al 1945. Non credo sia possibile accettare la meschina contabilità al ribasso delle violenze commesse; un negazionismo datato che vorrebbe chiudere ogni forma di confronto e di rispetto per le vittime, un negazionismo di parte che nega finanche la legittimità del Giorno del Ricordo perché preferisce riproporre tutte le omissioni, le dimenticanze e le mistificazioni tipiche del totalitarismo comunista.”

Oltre a quello del negazionismo, c’è anche il pericolo di altre omissioni e strumentalizzazioni.

“Sì, dalla parte opposta si assiste al solito tentativo di strumentalizzazione politica di stampo neo-fascista. Si assiste all’usuale nascondere tutte le responsabilità di un malinteso patriottismo, di un nazionalismo fanatico e guerrafondaio che era già attivo alla fine della prima guerra mondiale, e che continuò, con violenze e brutali politiche di italianizzazione forzata, ad opera del regime fascista dopo il 1922. Si nascondono, inoltre, le feroci pratiche di sterminio e deportazione da parte delle truppe italiane e tedesche durante l’occupazione della ex-Yugoslavia. Si continua, infine, a disconoscere le ragioni dei partigiani slavi che combattevano per liberare la loro Patria dal nazifascismo.”

La sua è una critica su come molti altri celebrano il Giorno del Ricordo?

“Sì. La politica del bilancino dei morti, la contabilità delle violenze commesse, i negazionismi e le strumentalizzazioni di ogni parte non hanno mai condotto ad un’analisi storica di natura scientifica, né hanno mai favorito un reale confronto sulle tragedie della nostra storia nazionale. E non aiutano a trasmettere i tratti salienti di una cultura della pace.”

Crede che questa 10 febbraio abbia valore e legittimità?

“Assolutamente sì, credo che il Giorno del Ricordo abbia per intero tutta la sua legittimità. Sono per la più grande solidarietà alle vittime giuliano-dalmate. Anche la mamma di mia moglie fu costretta a lasciare Fiume. Voglio salutare con affetto i miei amici dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia e della Società di Studi Fiumani che tante volte hanno visitato l’ex-campo Raccolta Profughi di Servigliano, recando la loro testimonianza di ex-profughi. Domani, venerdì 10 febbraio, alle 9.30 io e gli amici dell’Associazione Casa della Memoria di Servigliano accoglieremo studiosi e scolaresche per parlare del Giorno del Ricordo, e lo faremo con il rigore scientifico e l’indipendenza che da sempre contraddistinguono la nostra associazione storica.”

Come lo celebrerete? E quali altre iniziative ci saranno nel territorio?

“Come direttore scientifico della Casa della Memoria presiederò l’incontro del 10 febbraio mattina a Servigliano nella sala del teatro comunale. Le altre iniziative devono dimostrare di seguire lo stesso garbo, la stessa indipendenza e lo stesso rigore scientifico che noi usiamo nelle nostre attività. Purtroppo so che il rischio di strumentalizzazioni è grande. So anche che il nome Casa della Memoria di Servigliano è importante e tutti si affannano a chiedere l’uso della nostra sede, come se questo bastasse per dimostrare di essere indipendenti e competenti. La realtà è che di Casa della Memoria ce n’è una sola: il fondatore è Filippo Ieranò, il presidente è Emidio Pipponzi, il direttore scientifico è Paolo Giunta La Spada e numerosi sono i valorosissimi amici che, con contatti in tutta Europa, ci aiutano nel lavoro di educazione alla pace, di indagine storica, di formazione culturale e civile.”

In conclusione: a che cosa può servire il Giorno del Ricordo?

“Il Giorno del Ricordo può e deve servire ad una analisi storica di natura scientifica che tenga conto dei diversi punti di vista, delle diverse fonti: per contribuire a un libero confronto su una tragedia della nostra storia nazionale; per rafforzare, con l’educazione alla pace, l’identità di una società che vogliamo libera e democratica.”


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