di Andrea Braconi
Ancora una volta Londra si ritrova catapultata nel panico. Dopo gli attentati del 2005, che provocarono 56 vittime, la capitale inglese ha subito un nuovo attacco poco prima delle ore 16 di oggi. Dalle prime notizie, si tratterebbe di un uomo che, dopo aver travolto a bordo Hyundai diversi passanti nella zona di Westminster, ha cercato poi di entrare nel Parlamento. Dopo aver pugnalato un poliziotto, è stato freddato da altri agenti. Al momento, secondo quanto comunicato da Scotland Yard, il bilancio è di 4 vittime (compreso l’attentatore) e di una ventina di feriti.
E a Londra, dal luglio 2016, vive anche il giovane fermano Andrea Berbellini, laureato in fisica e dottorato in geofisica, ricercatore alla University College of London.
Raggiunto via Messenger, Berbellini parla di una giornata “estremamente ordinaria”, ma che segna la storia di “una città enorme, dove tutto è estremamente lontano e diluito”. Per raggiungere Westminster a piedi, spiega, impiegherebbe almeno un’ora. “È lontano”, rimarca. Una sorta di esorcizzazione della paura, la sua, perché di fronte a fatti del genere “uno deve cercare di pensarla così per rimanere calmo e non farsi prendere dal panico”.
Una situazione che, negli anni, si è inasprita notevolmente nelle metropoli europee. “Però all’inizio appena trasferito avevo più paura. Durante gli attentati di Parigi ero in centro a Soho. Mi ha scritto mio fratello per dirmi cosa stava succedendo e subito ho pensato: ‘beh, ma è a Parigi, mica qua’. Poi ho realizzato che ero in centro, a Soho, in una capitale europea identica a Parigi. Mi è presa l’ansia e sono tornato a casa. E in quei giorni si percepiva un’ansia diffusa”.
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