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La sicurezza su strada dei ciclisti,
il pensiero di Anastasia Lanciotti
nel ricordo di Michele Scarponi

SOCIALE - Durante il rito funebre volto a celebrare il campione corregionale delle due ruote la giovane fermana, amante del ciclismo, lancia un appello sulla scia emotiva per quanto accaduto

Anastasia Lanciotti e Michele Scarponi

FILOTTRANO (AN) – La ferita è ancora aperta, l’esito della vicenda irrimediabile. Cosa rimane allora, oltre al ricordo del grande campione scomparso, di pratico e concreto se non la sensibilità da mettere subito in campo e da spendere a favore della sicurezza dei ciclisti su strada?

E’ questa l’estrema sintesi del pensiero di Anastasia Lanciotti, fermana appassionata delle due ruote e conoscente dello sfortunato Michele Scarponi, che ieri, durante la celebrazione del rito funebre valso l’ultimo saluto al campione investito durante l’allenamento mattutino di sabato scorso, dopo l’omelia del Cardinale Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona ed Osimo celebrante la funzione, ha preso la parola dal microfono lanciando un messaggio alla folta platea dei presenti.

“La strada è un bene collettivo, come tale viene utilizzata dagli autoveicoli, dai pedoni e dai ciclisti – le prime parole della ragazza emozionata dalla circostanza -. Questo concetto elementare, che significa avere rispetto di tutto e tutti, viene spesso sottovalutato. Michele, tu che sei stato e continui ad essere accanto a noi, in quanto prescelto dal Signore per le tue grandi capacità e qualità, assistici e guidaci in tutto questo. Vorrei concludere con questa frase che ti rappresentava a pieno: la vita è un dono prezioso e bisogna camminarci dentro”.

Un messaggio, quello della giovane Anastasia, collegato al pensiero di molte altre persone presenti al funerale nonché dallo stesso Arcivescovo, sintetizzabile per quanto segue.

 “La bici è sacrificio e fatica, è una macchina che cammina con le gambe ed il tuo viso, caro Michele, rappresentava a pieno queste parole, ma non solo: hai rappresentato incarnando la collaborazione dell’essere squadra e dell’aiutarsi. Per te il pensiero del primeggiare non era il primo, ma del primeggiare per essere compagno, squadra ed amico, questo si.  Attualmente viviamo in un soggettivismo esasperato dove ognuno pensa per se ed il proprio tornaconto. Siamo circondati da invidie e cattiverie, bisognerebbe praticare l’idea dello sport come squadra, unione ed amicizia, soprattutto mossi dal rispetto”.
Paolo Gaudenzi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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