Dal Kenya il sorriso dei bambini “sperduti”: le nuove pagine del diario dei Teatri senza Frontiere (FOTO)

ESPERIENZE - Seconda puntata del racconto di Maurizio Stammati con le immagini di Fabrizio Ferracuti, relative al progetto ideato da Marco Renzi ed in corso a Nairobi, in Kenya

 

di Maurizio Stammati

foto di Fabrizio Ferracuti

Secondo appuntamento con il diario del progetto Teatri senza Frontiere, ideato da Marco Renzi e in corso a Nairobi, in Kenya.

20 settembre

Inizia presto il giorno qui, già alle 4.30 i ragazzi sono tutti svegli, c’è da spazzare lavarsi preparare colazione e mettersi in cammino per andare a scuola, anche due ore di strada per arrivare in tempo, e subito salgono alla mente i fiumi di macchine dei papà e delle mamme nostrane che devono portarli in auto sin dentro l’aula i propri figli.

La foresta che si risveglia fa sentire la sua forza, quando intorno è ancora notte è come affacciarsi sull’orlo di un pozzo dove cerchi di specchiarti, ma non ci riesci, più che vedere la tua immagine o il suo riflesso, ne senti l’eco in lontananza come una brezza leggera che ti avvolge, la voce dei sogni viene a soffiarti tra i capelli ed a volte è piacevole ed a volte ti spaventa. Oggi anche Vasco Rossi avrebbe avuto un brivido. Quando varchiamo il cancello della scuola per lo spettacolo in programma eravamo ancora ignari di quello che ci avrebbe aspettato nel cortile interno. Scendiamo dai pick-uk, prendiamo costumi e strumenti, il tempo di incontrare il Preside della scuola per concordare il da farsi…pronti si comincia….e davanti a noi appare una platea sconfinata di bambini, oltre 1700, stipati in piedi nel cortile interno della scuola, un delirio di emozioni, occhioni neri color del mondo, mani, voci che ci aspettavano nemmeno fossimo i Pink Floyd!!

Come palco il basamento di cemento della bandiera nazionale.

L’eccitazione è talmente alta che dobbiamo far placare la platea dagli Insegnati che brandendo le loro bacchette variopinte riportano la calma, un’onda di corpi ci accoglie, Pulcinella prende subito l’attenzione e giù mazzate e risate, rincorse e pernacchie, in una giostra che li fa volare alti i sorrisi di questa folla d’ebano che sembra scolpita, meraviglia di un incanto che solo il teatro sa regalare. Lo spettacolo va dritto fino alla fine quando Martin, l’ultimo della compagnia ad essere arrivato, prende la torcia e sputa il fuoco… un ohhhh gigantesco ci travolge come un tuono aspirato, una ola di stupore e meraviglia. Ce ne andiamo quasi in silenzio, un pò storditi da questa moltitudine di energia vista tutta insieme, restano i suoni, le parole, gli sputi di fuoco e le pernacchie di una compagnia di teatranti senza confini con gli occhi spalancati su questo mondo variopinto.

La scuola in Kenya chi la vuole se la paga, ricco o povero che sia, dai 20 ai 100 € al mese, che considerando i 70 €, che sono lo stipendio medio di chi un lavoro ce l’ha, non è poco, questi i prezzi della scuola statale, le private sono inavvicinabili. Che strano mondo viviamo, tutti in Europa si sbracciano a cercare soluzioni per il continente africano e nessuno si preoccupa di ascoltare chi da anni soluzioni le trova e le inventa tutti i giorni. Padre Kizito nei suoi centri sostiene ed ospita 180 bambini che frequentano le scuole primarie, 120 che frequentano le scuole superiori e 50 che vanno all’università, coltiva campi che danno da lavorare a decine di persone e al contempo producono reddito che garantisce sussistenza ai centri stessi, ha creato una scuola di informatica, un ostello e due ristoranti.

Tutto questo realizzato con bambini per la stragrande maggioranza abbandonati, considerati rifiuti, scarti, inutili pezzi da dimenticare, ed ora siamo testimoni di come alcuni di loro dirigono questi miracoli e sono punto di riferimento e speranza per tanti altri bambini da strappare all’abbandono ed alla morte.

Più si fa buio e più le strade di Nairobi somigliano a lunghissime lingue rosse e noi tutti pronti ad essere ingoiati dalla notte africana, a proteggerci ci penseranno i sogni dei bambini che hanno soffiato meraviglia verso questi acrobati del nulla aggrappati alle stelle.

21 settembre

Allenato da tre mesi di siccità italiana mi trovo a perfetto agio tra pentole di acqua riscaldata pentolini e docce artigianali. Quando facciamo colazione i bambini del centro sono fuori per strada e a scuola da tre ore. Non è facile essere bambini a Nairobi, i più fortunati vanno a scuola e sono in 60 per aula, la classe si paga e si paga anche il banco, non ci sono merendine e popcorn ma sempre riso e verdura e fagioli, a pranzo e a cena, e se non puoi pagare la mensa te li porti da casa. Lo spettacolo di oggi era in un centro piccolo e ben messo, bambini e adolescenti, le loro camerette, stipate di letti a castello, sono un misto di accogliente commozione e intima fratellanza, non puoi fare a meno di pensare all’inferno da dove vengono e quanto deve apparire rassicurante un posto come quello, forse per questo non li senti mai urlare, sono sempre con il sorriso sulle labbra, si rincorrono e si abbracciano. Ognuno di loro provvede a pulire, a lavare i piatti, e se sono in grado anche a cucinare, autonomia è la parola d’ordine, devono fare in fretta a riconquistare terreno e autostima, quando non hai una madre e un padre che ti accarezzano la sera per addormentarti devi prendere stima di te attraverso quello che fai.

Si racconta che il mondo di fuori sia lo specchio di quello che ci abita dentro, provo continuamente ad affacciarmi al davanzale della mia coscienza nel tentativo di scorgere un parallelo immaginario di questa vita che qui in Africa ci impregna, come faceva il kerosene con le stufe di una volta, per accendermi di curiosità, di stupore, di malinconica e meraviglia, ma riesco solo ad andare all’indietro, alle tracce di memoria, alle impronte lasciatemi da una infanzia sicuramente più protetta di questa Africana, pur tuttavia con tracce simili: le strade sterrate, la vita nei cortili liberi a ruzzolare, gli animali, gli asini e i carretti, qui ritrovo quei sapori-colori-odori che sono stati artefici delle scelte quelle fatte e quelle fuggite.

A tavola si combatte con la morte… diceva nonna mia, qui invece si sta in silenzio e non si beve, nè vino né acqua, non portano mai da bere, se vuoi lo fai dopo, per conto tuo, come un fatto privato. Padre Kizito, come un’ombra ci segue, discreto, appare a spettacolo iniziato, e lo vedi godersi non tanto lo spettacolo, ma quello dei suoi bambini che ridono, si emozionano, si spaventano, si eccitano, il suo sorriso e il suo sguardo sono un abbraccio bellissimo. Di ciascuno di quei bambini conosce la storia, quello che hanno subito, che percorso hanno fatto, ogni cosa. Chiudo gli occhi su questo giorno scorrendo i fotogrammi dei miei compagni di viaggio, una perfetta via di mezzo tra l’armata Brancaleone e gli argonauti alla ricerca del vello d’oro, affrontano e attraversano mari e tempeste con la faccia pulita dal vento: Paolo, Fabrizio, Martin, Noemi, Simona, Giovanni, Anna, Chiara, Andrea ed anche Marco che rende la sua assenza una presenza doppia, in fila, tenendosi per mano, in equilibrio sopra un filo sottilissimo, sorretti dal sorriso straordinario dei bambini sperduti!


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