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“Ci stiamo giocando il distretto calzaturiero”: caso Formentini, per Cisl e Cgil è allarme rosso

ECONOMIA - I rappresentanti sindacali Cristiano Fiori e Luca Silenzi analizzano una situazione sempre più drammatica e lanciano la richiesta di una riforma urgente degli ammortizzatori sociali. Richiesto un incontro al prefetto Mara Di Lullo

di Andrea Braconi

Il campanello d’allarme ha iniziato a suonare da parecchio tempo, ma le istituzioni continuano a fare finta di non sentirlo. E il rischio di giocarsi completamente il distretto calzaturiero è sempre più evidente. L’allarme di Cisl e Cgil non si presta ad interpretazioni di sorta: occorre agire subito, a partire da una riforma degli ammortizzatori sociali, per arginare un’emorragia di posti di lavoro che, con il caso del gruppo Formentini, è esplosa in tutta la sua drammaticità.

“La vertenza Formentini è senza precedenti per quanto riguarda il nostro territorio – spiega Luca Silenzi della Cgil -. L’azienda conta 156 unità e ad oggi sono a rischio tra le 116 e le 121 persone. Una cosa di questa grandezza nel calzaturiero negli ultimi 12 anni non l’abbiamo mai gestita. E pensiamo che con l’indotto di artigiani e non solo tocchiamo le oltre 250 unità a rischio. Ad Ancona siamo stati ad un incontro, al quale ha partecipato anche l’assessore Bravi, per la sottoscrizione di un accordo di cassa integrazione straordinaria per 12 mesi per la Formentini Srl, dove l’esubero dell’azienda va dalle 60 alle 65 unità su 100, mentre per Zefiro (con 27 dipendenti) e Maestrale (29 lavoratori) l’apertura per la cassa in deroga fino al 30 novembre”.

 

Per la Cgil ciò che sta accadendo non rappresenta una novità. “Ci dice ancora una volta che il distretto calzaturiero fermano ha bisogno di una politica locale che si preoccupi di quanto sta succedendo. Questo non è il primo caso e qualcuno dovrà prendersi le proprie responsabilità. Questo campanello continua sempre a suonare, ma nel territorio fanno finta di non accorgersene. Questa macchia inizia ad allargarsi:  anche aziende che lavorano per marchi di prestigio iniziano ad andare in difficoltà. E dopo 9 anni di crisi pensiamo sia il caso di affrontarle. A marzo a Montegranaro in occasione del Consiglio comunale aperto abbiamo fatte le nostre proposte; poi dovrebbe essere la politica ad occuparsi delle risposte. Qui ci stiamo letteralmente giocando il distretto”.

“Il dato preoccupante è che sia a livello nazionale che territoriale sembra esserci una volontà utopistica di far passare il messaggio che siamo fuori dalla crisi – denuncia Cristiano Fiori della Cisl – ma dati pre crisi sono ben lontani da essere raggiunti. Quei piccoli segni in più fanno sperare in un futuro che noi però vediamo abbastanza lontano. Sentiamo parlare di politiche attive, investimenti, innovazione, fondi europei che dovrebbero essere riversati sul territorio. Ma queste fantomatiche politiche attive ad oggi sono un po’ ferme al palo e quando ci troviamo di fronte ad una vertenza come quella di Formentini siamo di fronte alla punta di un iceberg. Queste normative hanno stuprato gli ammortizzatori sociali, ridimensionato gli stessi e non danno all’atto pratico a sindacati e lavoratori la possibilità di imbastire discussioni di merito sulle politiche attive. Se sono stato già licenziato non ho sbocchi per accedere ad un ammortizzatore sociale che sia connesso ad un percorso di riqualificazione e formazione. E non si diventa automaticamente addetti ad una macchina senza formazione”.

Fiori cala l’esempio sul gruppo Formentini. “Non parliamo di tre ditte scisse, sarebbe un errore: ci troviamo di fronte ad un’azienda che chiede un ammortizzatore straordinario per 12 mesi mentre le altre 2 con i nuovi ammortizzatori non hanno prospettive medio lunghe e non possono accedere a strumenti simili. Poter tentare di accedere ad un ammortizzatore sociale a lunga gettata, di dodici mesi, che possa mettere in condizione sindacati, imprese, enti e realtà di formazione permetterebbe di intraprendere un percorso per ricollocare questi lavoratori all’interno di attività produttive più all’avanguardia. Ma in questo caso per quanto riguarda le istituzioni, molto attente nell’ascolto e nell’analisi, qualche mancanza nella consequenzialità la riscontriamo. Però non ci sono politiche attive senza lavoro e l’ammortizzatore sociale non può essere visto come un bancomat, è un sostegno a persone che stanno perdendo il posto di lavoro”.

Non convince la problematica legata al costo del lavoro:“In questo territorio ci sono realtà che vanno in controtendenza. Quindi anche il discorso eccessivo del costo lavoro per l’impresa lascia qualche cono d’ombra sull’analisi del tema. Perché succede questo? C’è poca innovazione? C’è poca volontà di strutturarsi diversamente? C’è poca visione? Però questa minoranza di imprese cresce e in maniera esponenziale”.

Resta costante nel Fermano l’emorragia di lavoratori delle ditte artigiane, che rappresentano il 70% del totale. “La riforma degli ammortizzatori sociali è del tutto inappropriata e quando parliamo del gruppo Formentini parliamo di 250 esuberi che si riversano sul territorio con ripercussioni enormi sui consumi ed altro. Invece sentiamo proclami da parte di industriali del territorio sia Fermano che regionale o nazionale che vanno in totale controtendenza rispetto alla vita di ogni giorno”.

Fiori annuncia la richiesta avanzata al prefetto Mara Di Lullo. “Abbiamo chiesto di concederci udienza quanto prima per metterci in condizione di avere contatti con il Ministero per cercare di approfondire la questione. Alla Regione fin da subito abbiamo dato disponibilità affinché si sviluppi un progetto di politiche attive ma in mancanza di un ammortizzatore adeguato ci troviamo in grosse difficoltà. Il prossimo anno circa il 70% delle imprese artigiane non avrà sostegno al reddito nei momenti di minore attività produttiva perché ha gia raggiunto il limite per quanto riguarda lo strumento dell’assegno ordinario di 13 settimane”.

“Il tavolo regionale ha dimostrato attenzione quella mattina ad Ancona – ricorda Silenzi – anche quando abbiamo detto che occorreva far capire a Roma questo problema di un territorio piccolo ma che ha dimostrato in tanti decenni di aver vestito il mondo e di aver fatto Pil. Oggi si parla tanto dell’Ilva ma i numeri con il distretto calzaturiero si equivalgono”.

“Abbiamo evidenziato la problematicità alla Regione – conclude Fiori – ma non ci vogliamo fermare, per questo chiediamo sponda al prefetto Di Lullo. C’è il problema della prospettiva delle famiglie del territorio e nonostante la disponibilità della Regione, come organizzazioni sindacali abbiamo il dovere morale di sollevare questa tematica. Arrivando da più parti dal Fermano a Roma, qualcuno dovrà prendere coscienza che qualcosa non va”.


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1 commento

  1. 1
    Gianluca Mecozzi il 12 Ottobre 2017 alle 19:00

    D’ACCORDO CON I SINDACATI CHE BISOGNA RIVEDERE GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E TUTELARE I LAVORATORI DIPENDENTI, MA GLI ARTIGIANI CHE CHIUDONO OGNI GIORNO CHI LI TUTELA?
    POI SE NON SI RIVEDE IL COSTO DEL LAVORO E NON SI FA’ UNA LEGGE SERIA SUL MADE IN GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI NON BASTERANNO PIU’

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