Il raccolto di castagne nelle Marche è in aumento di circa il 20-30 per cento rispetto al 2016, annata nera che aveva visto un crollo della produzione vicino al 90 per cento, anche se si resta lontani dalla media storica.
Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti regionale che testimonia una ripresa per il settore, dopo i problemi causati dagli attacchi del cinipide, il parassita che attacca gli alberi, e dalle anomalie climatiche. Il risultato è che la produzione di è ridotta negli ultimi tempi a un terzo rispetto a quella di trent’anni fa. Un crollo che ha aumentato il rischio, già presente, di ritrovarsi nel piatto frutti stranieri. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Il castagno riveste un ruolo importante in molte aree collinari e montane del nostro territorio, non solo per la produzione di frutti, ma anche per il presidio di queste aree e per la salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico. Evidente dunque la necessità di salvaguardare le aziende produttrici assicurando la massima trasparenza sui prodotti oggi in commercio. Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat,
Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat, nelle Marche sono 800 gli ettari di castagneti coltivati su terreni agricoli, curati da circa 500 aziende. Il 94 per cento si trova sul territorio piceno. Il Maceratese ne ospita il 4 per cento, mentre le altre tre province (Fermo, Pesaro, Ancona) rappresentano assieme il restante 2 per cento. I comuni di Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco e Roccafluvione (peraltro pesantemente colpiti dal terremoto) rappresentano in particolare il principale bacino produttivo castanicolo regionale, con due dei tre tipi di castagne presenti nell’elenco ufficiale dei prodotti agroalimentari tradizionali: il marrone di Acquasanta Terme e il marrone di Roccafluvione.
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