di Giorgio Cisbani
Dal 1961 sino alla fine del PCI, si può dire che con Ezio abbiamo vissuto fianco a fianco, perchè allora, l’impegno politico, anche per
Giorgio Cisbani
un piccolo dirigente come me, era totalizzante: riunioni, incontri, assemblee, consigli comunali e via dicendo. Mai siamo stati d’accordo sulle questioni politiche più rilevanti, eppure, tra le continue polemiche e non poche mie goliardiche provocazioni, non sono mai mancati affetto e stima. Diversa la generazioni, lui uomo solido, moderato, dove sempre uno più uno faceva due, mentre per me talvolta avrebbe fatto comodamente tre. Del suo essere riferimento assoluto dei contadini, é ampiamente noto, specialmente alla gran parte dei presenti. Probabilmente non é stato compiutamente sottolineato il fatto che, quando il settore dell’agricoltura si rimpicciolì e la società, anche qui abbastanza tumultuosamente si trasformò, Ezio fu in grado di svolgere il suo ruolo di dirigente di un partito che intanto era divenuto non solo elettoralmente il più grande del fermano, ma più che altro egemone, punto di riferimento, ben aldilà dei ceti popolari. Questo é il dato principale che evidenzia la sua intelligenza politica, senza la quale non sarebbe potuto star dentro una trasformazione sociale così radicale. Ezio, paladino della lotta dei soggetti più deboli del mondo contadino, nella Federmezzadri, divenne l’uomo politico più importante del Pci, e poi, dopo il Parlamento, impiegò le sue energie ed esperienze nell’attività amministrativa a Fermo e nei Comuni attorno. Dunque, dalle riunioni nelle stalle ( i miei nipoti nemmeno sapranno cosa siano ) – dove con lui, ho partecipato a più riunioni, nel primi anni sessanta -, Ezio é passato attraverso gli anni del “ miracolo economico “ e – si rifletta bene – dei grandi rivolgimenti del ’68’.
Ho già raccontato di esilaranti ( non per lui che si incazzava molto ) situazioni che promuovevo, specialmente con la complicità di Acreo – uno strambo compagno che tutti amavamo. Oggi vorrei aggiungere un nuovo episodio, che seppur piccolo, dà l’idea di come eravamo. Sul settimanale ABC, diretto da un noto giornalista, Baldacci, nato con un certo impegno culturale, poi perduto nel tempo, apparve una notizia: “ Il sen. Ezio Santarelli e la sua amante, la segretaria dell’ Associazione Italia-Cuba…” . Porto la rivista in federazione e ne parlo con Acreo che per qualche analogo motivo si lamentava che anni addietro non era stato localmente candidato. Con la rivista, in evidenza sul tavolo più grande, successe il finimondo, perché Ezio – un pò bacchettone, come d’altro canto era l’atmosfera nel partito, e, più che altro, persona seria e particolarmente legata alla moglie Linda – non poteva certo sopportare una notizia del genere. Ad Acreo non avevo spiegato che in effetti c’era stato un refuso giornalistico, il soggetto in questione, non era Ezio ma Enzo Santarelli, professore universitario e senatore del Pci di Urbino.
Ezio era richiesto in ogni paese, i suoi comizi erano un appuntamento imperdibile. Parlava evocando immagini e i suoi pensieri arrivavano ai presenti con incredibile chiarezza, nonostante l’improbabile grammatica e sintassi. Potrei citare altri episodi che ingigantirebbero la sua figura, ma termino qui, con una vecchia considerazione: Ezio non era stato a scuola, non ne aveva avuta la possibilità, ma, guardando intorno e ascoltando in tv i superficiali interventi di gran parte dei politici odierni, mi capita spesso di ripensare a lui con rammarico ed esaltazione: conosceva le cose e gli uomini; mai perdeva la bussola del buon senso e del rispetto per le Istituzioni e di quel bene comune, che oggi, ampiamente, latita.
Negli ultimi anni ci siamo incontrati poche volte, e nel provocarlo – come sempre – evidenziando punti di vista che immaginavo fossero diversi dai suoi, non mi sfuggiva che guardasse al futuro con minor pessimismo del mio … comunque ancora su posizioni diverse. Oggi mi piace pensare che, di fronte alla straziante condizione del Paese, con disuguaglianze abissali e rigurgiti fascisti, potremmo avere idee più vicine nel valutare che la sinistra – per il bene del Paese – dovrebbe ricercare l’unità su concreti progetti e programmi che si richiamino a suoi valori e principi da tempo impolverati.
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