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Il vescovo Pennacchio incontra la stampa:
Trasmettete la realtà con onestà e trasparenza
VIDEO INTERVISTA

FERMO - L'arcivescovo dinanzi ai taccuini: "Ho capito quanto possa essere necessario oggi mandare il giusto messaggio a chi attende una parola di conforto o le prime indicazioni pastorali a cui fare affidamento"

 

Un incontro faccia a faccia, sereno, colloquiale nel giorno di San Francesco di Sales, Patrono della Comunicazione. Questa mattina il nuovo arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio, ha voluto incontrare la stampa locale per uno scambio amichevole di opinioni e, sì, anche di battute scherzose. Un arcivescovo “a cuore aperto” quello che si è seduto dinanzi a giornalisti e fotografi. Con richieste precise, sincere, dirette, quasi più un invito a un giornalismo responsabile: “Volevo ringraziarvi per il lavoro svolto, in particolare in occasione della mia ordinazione, del mio ingresso a Fermo, a cui è stata data una giusta risonanza per un evento importante per il territorio, a prescindere dalla persona interessata, come può essere la nomina di un nuovo arcivescovo. Per natura sono piuttosto schivo all’esposizione mediatica, mi sono ritrovato a vivere nel mezzo di interviste e esperienze nuove, iniziative, tv, quotidiani. Ho capito, però, quanto possa essere necessario oggi mandare il giusto messaggio a chi attende una parola di conforto o le prime indicazioni per vivere, o a chi è curioso di conoscere la persona che guiderà la diocesi, o anche scrutare le prime indicazioni pastorali su cui fare affidamento. Per tutto questo ringrazio la stampa”.

“Alla stampa, quindi, non chiedo di seguire la vita del vescovo, tutto sommato monotona – scherza l’arcivescovo Pennacchio – anche perché il vescovo cosa fa? Sta in casa, i bisogni fisiologici sono uguali a quelli di tutti gli altri. Io, personalmente, sono sensibile all’aspetto culinario, e questo mi si vede, pur avendo qualche piccolo problema di salute intestinale che devo curare. Per il resto continuerò a vivere in maniera del tutto naturale il mio ruolo come vescovo senza che ciò ne svilisca l’autorevolezza. Il mio modo di essere a volte ha creato qualche sorpresa. E forse ho sbagliato a non assumere le fisique du role ma francamente non mi interessa. Posso chiedere, però, agli operatori della comunicazione nulla di più di quello che riguarda la vostra deontologia professionale, ossia la fedeltà alla realtà che viene trasmessa, alla verità, nei limiti di quella che appare. Anche perchè nostro Signore dice che sarà lo Spirito a guidarci alla Verità, tutta intera. Quindi questa, adesso, non ce l’abbiamo. C’è, però, una percezione dei fatti. E chi legge deve mettere in conto che quello che vede o legge è mediato dalla sensibilità di chi la trasmette. Nel momento in cui, nella fase della trasmissione della notizia, c’è esplicita volontà di cambiare la verità, o anche di mostrarne solo una parte, beh quello secondo me è un errore non deontologicamente corretto. Non vi sto chiedendo di spersonalizzare il vostro lavoro. Riportate, secondo la vostra sensibilità, la notizia, fatto in trasparenza e onestà“.

Arcivescovo Pennacchio che prosegue nei suoi suggerimenti ai taccuini: “Ognuno di noi ha la maturità per poter leggere e capire. Certo la realtà della Chiesa ha una sua identità particolare. E quindi la persona matura o comunque che si avvicina alle notizie che riguardano la Chiesa che ha come missione annunciare il regno di Dio, dovrebbe non fermarsi agli aspetti più appariscenti, più fenomenologici. Per noi comprendere la verità richiede che si faccia un piccolo affidamento alla dimensione soprannaturale. La realtà della Chiesa è umana ma ha una fondazione divina. Ci si può anche non credere ma si deve mettere in conto che chi ci sta dentro, ci crede. E quindi questa caratteristica va rispettata. Un lavoro molto delicato. Se poi nell’informazione lavorano persone credenti, penso che questa sensibilità passi, debba passare non nel dare un carattere bigotto all’interno dell’informazione ma affinché venga riportata più fedelmente anche la natura e il senso di quello che come Chiesa noi facciamo. Vi chiedo anche di interagire, non siate meri ripetitori ma sollecitate e date indicazioni su quello che può sembrare, dal punto di vista comunicativo, non efficace o pertinente perché in primis io come vescovo, impari ad essere non dico un buon comunicatore perché non mi posso improvvisare cosa non sono, ma almeno ad evitare errori nella comunicazione che voi conoscete molto meglio di me. Don Nicola resta il punto di riferimento per quanto riguarda le notizie in entrata e in uscita. Tramite lui è importante che si possa operare. Certamente avremo anche dei contatti personali ma preferirei che il lavoro, quando programmabile, passi dall’ufficio diocesano”.

Mons Pennacchio ha ribadito l’impegno nella ricostruzione post sisma e nella riapertura dei luoghi sacri: “Soprattutto in quei comuni che sono rimasti sprovvisti di un luogo di culto di riferimento”.

Una cosa è certa, Mons. Pennacchio con i suoi gesti tanto semplici quanto spontanei, in poche settimane ha raggiunto il cuore dei fedeli, siano essi quella della sua nuova casa, ovvero Fermo, che della sua amatissima Matera. Un legame, quello che si è creato tra le due città, all’insegna di Mons. Rocco. A questa domanda l’arcivescovo ha risposto: “Quando viene fatto vescovo un prete del sud specialmente, dove non siamo così abituati a vedere queste esperienze, necessariamente si viene a creare un momento di comunicazione.  Poi c’è stata l’esperienza dei giovani di Fermo che sono venuti a Matera. Direi che la mia persona non è che contribuisca più di tanto, è la figura istituzionale, il pastore. Io vorrei non essere personalmente un grande comunicatore ma vorrei che la gente riconoscesse nel Vescovo un punto di riferimento. Se come Chiesa tutti lavorassimo affinché la Diocesi e la curia vengano viste come un’istituzione a servizio della gente e non come un centro di potere credo che  necessariamente favorirà la comunicazione del Vangelo”.

 


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