di Andrea Braconi
Una mattinata di presente e di futuro l’ha definita il sindaco di Servigliano Marco Rotoni, rivolgendosi alle tante autorità presenti ma soprattutto agli studenti che hanno assiepato la stazione ferroviaria, oggi sede della Casa della Memoria. “Una realtà che con tanto impegno fa sì che giornate come questa abbiano un senso di conoscenza, di condivisione e di consapevolezza” ha sottolineato il primo cittadino. “Perché la memoria deve essere consapevole e collettiva, ed è fondamentale ascoltare la storia proprio nei luoghi della stessa memoria”.
Parole di ringraziamento al sindaco ed alla stessa associazione Casa della Memoria sono arrivate dal prefetto Maria Luisa D’Alessandro, per aver concentrato in un luogo come la stazione “persone che hanno una visione della storia sempre molto chiara”. Un grazie il prefetto lo ha rivolto anche ai tanti sindaci che hanno raccolto l’invito, sindaci “che hanno poco di politico ma in cui vedo affetto verso le loro comunità, verso le persone che curano. Ed è proprio il tipo di rapporto che oggi la gente chiede”. Anche le Forze dell’Ordine, ha aggiunto il prefetto, “hanno questo atteggiamento di cura continua per il territorio”. “Sento il dovere di starvi molto vicina per tutto il tempo che rimarrò qui con voi” ha spiegato, rivolgendosi poi ai ragazzi, agli insegnanti e ai presidi, oltre a lodare l’importanza del Conservatorio “per il rapporto della musica con la crescita dell’animo umano. C’è cura dell’animo, c’è spazio vitale”.
“Ciò che fa male – ha aggiunto ricordando lo sterminio nazifascista – è che il silenzio di tanti, l’indifferenza, il non cogliere nel momento la gravità di quello che stava accadendo. La Shoah è il risultato di una relazione tra le persone fortemente negativa e noi dobbiamo vincere queste cose con la cultura, con la condivisione”.
“Di fronte ai grandi tempi e ai grandi valori c’è una convergenza ed un’unità nelle riflessioni – ha affermato il vescovo Rocco Pennacchio -. In questi 74 anni che ci separano dal 1944 e più in generale da quando queste menti scellerate elaboravano il concetto della soluzione finale, abbiamo bisogno proprio della parole dette dal sindaco: conoscenza, consapevolezza e condivisione. La conoscenza è l’antidoto all’ignoranza, poi ci vuole la consapevolezza, il rendersi conto di quello che ho conosciuto, che si tratta di qualcosa che è veramente accaduto, per sconfigge un’altra patologia che è quella del pregiudizio. Ma poi è la condivisione che, alla fine, ci fa crescere. Queste giornate devono aiutarci a maturare questi atteggiamenti, per far sì che la memoria non sia un semplice esercizio mentale o spirituale. È proprio attraverso la memoria che si fa cultura e la stessa fede cristiana si basa sul memoriale. Memoria significa renderci contemporanei al punto da scuotere in noi un comportamento diverso, migliore e positivo, che passa proprio da quelle tre parole”.
Una platea quanto ricca con le massime rappresentanze delle forze dell’ordine: polizia, carabinieri, guardia costiera, guardia di finanza. Numerosi anche i sindaci in rappresentanza di tutto il territorio. Al loro fianco gli studenti: tutti uniti in una giornata in cui la conoscenza della storia, fa la differenza per porre solide basi per il futuro.
“La storia è passata qui – ha ricordato Moira Canigola, presidente della Provincia di Fermo -, ha attraversato questo luogo portando tantissimo dolore e sofferenza. Ma questo è anche un luogo che grazie alla sensibilità di molti è stato lasciato come ricordo e segno tangibile della nostra storia. E il ricordo non è lo sfogliare vecchie fotografie, ma è piuttosto una presa di responsabilità che tutti quanti noi dobbiamo fare per consegnarlo ai ragazzi, che sono il nostro futuro. Soltanto ricordando e capendo gli errori del passato possiamo costruire una società migliore. Dobbiamo anche ricordarci, pensando a quelle atrocità, di una comunità come la nostra, accogliente e fortemente segnata da valori di solidarietà, che ha già sostenuto una resistenza civile, accogliendo militari e persone in fuga”.
“C’è un libro di uno scrittore francese, Camus, che parla della peste – ha esordito il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro -. Lui parlò del germe della peste che andò a colpire una tranquilla cittadina dell’Algeria coloniale, negli anni ’50. All’inizio ci fu l’indifferenza, poi la tragedia e infine la sconfitta del bacillo. Ma quando lui descriveva questa storia, voleva parlare del germe del nazismo. E il finale esprime tutto il rischio che c’è. La peste era sconfitta, la città già festeggiava, si danzava. Ma lo scrittore ricorda che il bacillo della peste può riposare per decenni dentro le cantine, tra le lenzuola, negli armadi, per poi risvegliarsi in un’altra ridente città. L’insidia c’è sempre e oggi c’è in modo molto diverso. Allora pensiamo a quei momenti nei quali abbiamo a che fare con qualche fragilità, che affrontiamo con superficialità o irrisione: anche quello rende il bacillo ancora vivo. Quindi, ogni giorno si possono ricordare quei periodi e cercare di allontanarli sempre più da questa nostra bella comunità”.
Da Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria, è giunta un’articolata riflessione sulla storia del luogo, a partire da quella notte tra il 3 ed il 4 maggio 1944 quando un aereo, quasi certamente inglese, bombardò le mura di cinta del campo, con 61 ebrei che riuscirono a fuggire (31 dei quali furono però ripresi). Un excursus storico, con numerosi esempi di intolleranza e di soppressione di libertà, dall’Italia alla Spagna, con deportazioni e violenze che “oggi più che mai necessitano di essere ricordate per capire come si è arrivati alle leggi razziali e ai campi di sterminio”.
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