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Manifestazione a Macerata, Liberi e Uguali verso la presenza, i centro sociali: “No a sdoganamento fascismo”

POLEMICA - Il movimento di Grasso dovrebbe partecipare con una rappresentanza guidata da Fratoianni e Civati. Dal Csa Officina Trenino l'invito ad un concentramento alla stazione ferroviaria di Civitanova Marche. Per Rifondazione alle 6 vittime "dovrebbe essere concesso un permesso di soggiorno permanente"

La decisione da parte di Anpi, Arci, Cgil e Libera di sospendere la manifestazione antifascista programma per sabato a Macerata ha creato scompiglio all’interno del mondo della sinistra.

 

LIBERI E UGUALI

Ma se da un lato i centri sociali hanno immediatamente comunicato che avrebbero comunque sfilato, dall’altro forze come Liberi e Uguali stanno maturando la decisione di essere presenti. Sembrerebbe, infatti, certa la partecipazione di una rappresentanza del movimento guidato da Pietro Grasso (oggi a Macerata per visitare i feriti delle sparatorie), rappresentanza con in testa Nicola Fratoianni, Pippo Civati, Giulio Cavalli e i vertici regionali. Dato per assente il Partito Democratico, oltre alle associazioni che hanno subito raccolto l’appello del sindaco Carancini di non manifestare.

 

CENTRI SOCIALI

Quanto ai centri sociali, inequivocabile la posizione del Csa Officina Trenino di Porto San Giorgio, che spiega come dopo lo shock dell’attacco di Macerata bisogna prendere atto di come “fascismo e razzismo sono ormai a pieno titolo inseriti nel dibattito pubblico, sdoganati e probabilmente candidati a essere egemoni nel nostro territorio di provincia nel prossimo futuro”.

“Le reazioni alla strage sfiorata – proseguono – arrivano come altri colpi di Glock: lo dimostra il coro che dice ‘era ora’, come risposta ad una situazione di degrado, o chi grida ‘finalmente’, perché ci dicono che i flussi migratori sono fuori controllo. C’è anche chi arriva a rivendicare pubblicamente l’attentato, perché è ovvio che oggi tutti debbano avere rappresentanza politica, anche il Traini di turno.

I più sgradevoli, si fa per dire, sono quelli che inneggiano alla vendetta della ‘donna bianca’ e, strumentalizzando un fatto terribile, provano a convincerci che sparando dalla propria macchina contro persone inermi si possa ristabilire l’identità morale di un popolo; in molti lo hanno chiamato ‘onore’ in questi giorni.

Già nel 2016, dopo l’omicidio di Emmanuel Chidi, eravamo consapevoli che lo strappo che si era creato non si sarebbe rammendato da solo: chi aveva ucciso faceva parte della tribù, consapevolmente o meno rappresentava una parte del tessuto sociale. La vittima era lo straniero e questo bastava ai più: era un peso, un intruso; per molti solo una spesa.

Rievocando i troppi silenzi imbarazzanti di quei giorni, dopo due anni questa vicenda resta ancora un tabù, quasi una superstizione legata a Fermo. Una città raccontata ieri come feudo del partito comunista, oggi non riesce a ricordare una vittima del fascismo neanche con una targa pubblica.

Di certo, negli ultimi anni, la maggior parte del giornalismo locale ha giocato un ruolo importante nella normalizzazione dell’estrema destra: articoli con tanto di foto, video e interviste di neofascisti che raccolgono cacche di cane, potano aiuole, ramazzano marciapiedi sono ormai quotidiani. Come quotidiane stanno anche diventando le intimidazioni, fatte passare per ridicole operazioni antidegrado, che sono in realtà vere e proprie aggressioni ai danni di clochard; o ancora i finti sgomberi di case abbandonate da decenni, ripulite, murate e incredibilmente messe in vendita dopo un paio di giorni.

Di contro, a essere sotto pressione mediatica e politica non sono solo i migranti, i richiedenti asilo e gli ospiti delle strutture, ma anche gli operatori sociali e chi lavora nell’accoglienza, vittime di un sistema di sfruttamento e ormai potenziali obiettivi strumentali di chi difende la ‘patria’, con la pistola in una mano e il tricolore nell’altra.

In questo contesto il confronto politico si rivela controproducente, di fronte a chi con un paio concetti sillabati fa appello alla pancia della gente, indicando sempre nel più debole il nemico da perseguire, offrendo soluzioni facili quanto false.

Proprio ora, quindi, crediamo che sia essenziale esserci e prendere una posizione, per tutte le persone, i gruppi e le associazioni che sono attaccate in maniera più o meno diretta dallo sdoganamento del fascismo, così come per tutti quelli che ritengono che il limite sia stato ampiamente superato. Il 10 febbraio saremo alla manifestazione antirazzista di Macerata, così come ci sarà tutta la parte umana della nostra società”.

Il concentramento per raggiungere Macerata sarà alla stazione ferroviaria di Civitanova Marche, a partire dalle ore 13.

 

RIFONDAZIONE COMUNISTA

Anche il Partito della Rifondazione Comunista delle Marche ribadisce la sua ferma volontà ad essere presente sabato. “Manifestare contro odio e violenza fascista e’ un diritto-dovere sancito dalla legislazione vigente e dalla Carta costituzionale. Riteniamo un grave errore l’atto compiuto dal Sindaco di Macerata, di aver equiparato le scorribande neofasciste e razziste nella sua città, per altro per niente terminate a una grande risposta democratica ed antifascista alla violenza omicida e fanatica di un razzista. Rifondazione Comunista Marche si rivolge alle più alte autorità della Repubblica Italiana ed ai presidenti di Camera e Senato perché, in segno di riconoscimento per la violenza subita sul territorio nazionale alle sei vittime, venga concesso a pieno il permesso di soggiorno permanente”.


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