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Una delle sfide più grandi del tennis:“Borg McEnroe”

di Eraldo Di Stefano

Finale di Wimbledon del 1980, un trofeo, due ragazzi con lo stesso obiettivo: vincere quel premio.

Borg, già 4 volte campione, con un rovescio a due mani esplosivo, e McEnroe, più giovane e collerico, avvezzo alle discussioni con gli arbitri, si incontrano in questo film dalla fotografia affascinante e il montaggio dinamico. Purtroppo però, al di là delle personalità e degli stili di gioco profondamente diversi sul campo che scaturiscono in una forte rivalità, non vi era niente fuori, nessuna tensione e nessuno screzio tra questi due campioni, che riuscisse ad emozionare oltre lo spettatore.

Il registra Janus Metz dipinge un quadro molto diverso per ognuno dei protagonisti, immergendosi nella loro psiche e mostrandoli tutt’altro che identici. Da una parte la calma e l’atteggiamento freddo e razionale di Borg (Sverrir Gudnason), amato dal pubblico e inseguito dalle fan di sesso opposto, con accanto la figura di Lennart Bergelin (interpretato da Stellan Skarsgård) suo duro allenatore e mentore; dall’altra l’estroversione e l’irruenza di McEnroe (Shia LaBeouf), famoso per i suoi scatti di ira.

Metz e lo sceneggiatore Sandahl dedicano inoltre particolare attenzione all’infanzia di ognuno dei due tennisti anche se inizialmente sembrano concentrarsi maggiormente su Borg, soprattutto perché mostrano aspetti della sua adolescenza che un po’ sconvolgono l’immagine che si ha di lui.

Grande interpretazione di Shia LaBeouf che riesce ad essere precisa anche nei dettagli, negli atteggiamenti e negli sguardi tipici che hanno contraddistinto il fenomeno statunitense.

Particolare interessante, nel film il Borg in età preadolescenziale viene interpretato da Leo Borg, vero figlio del tennista.

Anche se la pellicola nel complesso non giustifica la celebre frase di Agassi “Ogni partita è una vita in miniatura”, mostra certamente come una singola partita possa essere sentita e vissuta sia dalla parte del pubblico che dalla parte dei professionisti.


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