di Andrea Braconi
La differenza tra “scine” e “none”. Il ruolo fondamentale della vergara nella nostra società. La figura del “maritemu” e la ricorrente perdita “de li cazitti”. Infine, la “socera”, detta anche “la luna nera”. Sono termini e figure contenuti – a fatica – nel libro “il Tripponario” di Deborah Iannacci, edito e “raddrizzato” dalla Giaconi Editore, presentato tra i padiglioni di Tipicità intorno all’ora di pranzo – e non poteva essere diversamente – con una sorta di scampagnata, seduti sui sacchi di juta e con in mano panini con affettati di varia natura.
Intervistata dalla giornalista Erika Mariniello, la Iannacci ha spiegato come è nata l’idea di trasporre il materiale contenuto nella pagina Facebook TrippAdvisor (che conta ad oggi 40.000 follower) in un volume. “Il libro parla del mondo della vergara, visto anche dalla sua parte, come vede i nipoti, il marito e le varie situazioni casalinghe. Lo spazio su Facebook sfocia nelle tradizioni e nei modi di dire, una pagina che continua a crescere perché ‘se vede che qualcuno che je piace a magna’ c’è’ !”.
Mancava, nella realizzazione del libro, una persona importante che lo presentasse, “che realizzasse la sua parte più importante, quella che leggono tutti: la prefazione”. “C’erano in ballo diversi nomi importanti – ha confessato – ma poi abbiamo deciso di lanciare un sondaggione: come descriveresti Trippa a chi non la conosce? Così abbiamo scelto 6 prefazioni tra quelle che ci sono piaciute di più”.
Incalzata dalla Mariniello, l’autrice del Tripponario ha anche confessato il suo amore incondizionato per il ciauscolo. “Dieci anni fa ero gnocca e pesavo 10 chili in meno, portavo un tacco 12 e non mangiavo ciauscolo, vincisgrassi e latticini. Ma la mia vita era triste. Ero gnocca, sì, ma triste. Poi ho iniziato una fase di riscoperta delle tradizioni. Mi sono così ritrovata con il ciauscolo che mi ha cambiato la vita e oggi sono felice”.
Un motivo, tra i tanti, per cui comprare il Tripponario. “È un ottimo modo per ricordare e per far scoprire le Marche anche a chi non le conosce. Il nostro è un dialetto poco conosciuto fuori, veniamo anche un po’ presi in giro, ma in fondo che ce manca a noi? Gnende”.
Il costo? “Dieci euro. Anzi, co la dedica 15!”.
Non poteva mancare un tuffo nella tradizione: l’assaggio dei prodotti della ditta Varnelli, che proprio quest’anno compie 150 anni e rappresentata a Tipicità da Carla Epifani.
Tra un autografo e l’altro, l’aspirante vergara ha salutato a suo modo i tanti partecipanti all’incontro. “Quando sarò una vergara – ha spiegato – innanzitutto sarò cattia. È un percorso lunghissimo, ci vorranno decenni. Essere vergara vuol dire tenere le redini della famiglia, senza farsi notare”.
Una chiara presa di posizione, la sua, prima di concludere con un consiglio di vera e propria educazione alimentare:“Basta compra’ le spinacine, le cose se fa a casa!”.
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