di Andrea Braconi
“Abbiamo riconosciuto con chiarezza che si tratta di una sconfitta netta, una sconfitta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Partito Democratico”. E la nuova fase del Pd si apre proprio con le dimissioni del segretario nazionale Matteo Renzi, che resta comunque orgoglioso del lavoro fatto. “L’errore principale – ha commentato – è stato nel non capire che bisognava votare in una delle due finestre del 2017”. Renzi ha chiesto ad Orfini di convocare l’assemblea nazionale per aprire la fase congressuale, che avverrà al termine dell’insediamento del Parlamento e del nuovo Governo.
“Sono dispiaciuto delle sue dimissioni – spiega a Cronache Fermane il segretario provinciale Fabiano Alessandrini – perché stavolta non tutte le colpe sono di Renzi e lui paga in quanto segretario pur non avendo grandi responsabilità. Ha commesso più errori nelle fasi precedenti che adesso, ma resta comunque una risorsa importante del partito. Io non ero un renziano prima, sono sempre stato uno del Pd, e lui in questo caso ha dimostrato di essere un esponente del partito”.
Da cosa ripartire?
“C’è sempre un 20% di persone che ci ha votato. E queste elezioni hanno anche messo la parola fine a tutta questa storiella della sinistra vera o finta: senza il Pd non c’è sinistra. Noi non saremo rivoluzionari, ma se non ci siamo noi non c’è nulla a sinistra. Senza ripartire da qui diventa difficile ricostruire qualcosa a sinistra. Ma il tempo è galantuomo e farà anche rivalutare questo periodo di governo del centrosinistra. Non vorrei che i risultati economici e sul lavoro che sono venuti fuori, che non sono stati oggetto di una campagna elettorale giocata solo sulle paure, il governo che tra qualche mese andrà ad insediarsi dirà che sono tutto merito suo. I dati saranno migliori perché si è rimesso in moto un trend.”
Dispiaciuto per Petrini?
“Sì, lo sono. Ma in questa campagna i candidati non sono stati affatto valutati. Pensiamo alla situazione di Minniti, candidato a Pesaro contro un nessuno dei Cinque Stelle che è fuggito ma che nonostante tutto è stato eletto. A Paolo è accaduto lo stesso: veder perdere un candidato come lui contro una candidata come quella dei Cinque Stelle lascia pensare. Così come fa pensare il fatto che in tanti a parole si spendono per la rappresentanza del territorio ma poi non accade nulla. Allora o non riescono a spostare voti, oppure lavorano solo con le chiacchiere. Ma da una parte c’è uno come Petrini che ti porta la Questura, l’area di crisi complessa per il calzaturiero, milioni di euro per l’area di Tre Archi, per le scuole e per il terremoto; dall’altra hai qualcuno che non si è visto mai e non sai cosa abbia fatto. Ecco, più che Paolo Petrini, penso che abbia perso il territorio. Ma il popolo ha fatto le sue scelte. Magari tra qualche tempo ci sarà chi rimpiangerà tutto questo.”
Un vostro autorevole esponente però in Parlamento ci sarà.
“Resto un fatto: che l’unico rappresentante del territorio l’ha espresso il Pd con Francesco Verducci. Anche nella sconfitta il Pd dimostra di starci, sarà un punto di riferimento. Qui c’è una base forte e ripartiamo tessendo le fila. Questa lezione dovrebbe essere anche per altri nell’ambito del centrosinistra, non c’è da essere contenti. Prima delle elezioni avevo lanciato un appello a lavorare sull’unitarietà del quadro politico del centrosinistra nel locale. Veniamo da una tradizione unitaria in questo territorio e dove ci sono le condizioni perché non lavorarci? È stato fatto a Roma con Zingaretti; certo, non è stato fatto in Lombardia ma sarebbe comunque un passaggio importante. Diversi esponenti di Liberi e Uguali mi avevano detto di no perché la sfida era di fare una nuova sinistra. Ma visti i risultati credo che tutti dovremmo riflettere, anche in considerazione di scadenze imminenti. Un appello che rifarò sicuramente nei prossimi giorni, poi ognuno si prenderà le proprie responsabilità”.
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