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Fatture false ad aziende
anche nelle Marche, riciclati 100 milioni di euro:
consorteria criminale nella rete della Finanza

FATTURE - Ad operare è la guardia di finanza di Caserta. Emesse 34 misure cautelari personali disposte dal gip del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di un’agguerrita consorteria criminale con base nell’agro aversano che in pochi anni ha emesso migliaia di fatture false a beneficio di 643 aziende edili con sede prevalentemente in Campania, ma anche nelle Marche

Avevano ramificazioni anche nelle Marche. Ma non sono sfuggiti alla Guardia di Finanza. “Da questa mattina, infatti, 140 militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Caserta stanno dando esecuzione – fanno sapere dalle Fiamme gialle – a 34 misure cautelari personali (10 custodie in carcere, 7 arresti domiciliari e 17 obblighi di dimora) disposte dal gip del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di un’agguerrita consorteria criminale con base nell’agro aversano che in pochi anni ha emesso migliaia di fatture false a beneficio di 643 aziende edili con sede prevalentemente in Campania, ma anche nelle Marche, Toscana, Emilia Romagna, Lazio ed Umbria. Impressionante il giro d’affari illecito: riciclati oltre 100 milioni di euro di cui 13,5 milioni rimasti nelle tasche degli organizzatori della frode ed il resto restituito per contanti alle aziende beneficiarie che potevano così disporre di “fondi neri” per inquinare il mercato di riferimento”.Si diceva, anche sequestri preventivi di beni nella
disponibilità degli indagati, “per un valore di circa 35 milioni di euro, tra beni immobili, autoveicoli di lusso (una Ferrari, una Porsche Cayenne e due Range Rover), rapporti finanziari e quote societarie. Le persone destinatarie delle ordinanze sono accusate di aver costituito e/o di
appartenere a due distinte associazioni criminali, con basi logistiche nell’Agro Aversano, specializzate nella sistematica emissione di fatture per operazioni inesistenti relative alla fornitura di materiale edile, e nel riciclaggio, auto-riciclaggio e reimpiego in attività economiche dei connessi e
cospicui proventi illeciti derivanti dall’attività criminale, utilizzando a tale scopo un gruppo di società “cartiere” intestate a compiacenti prestanome e altre società create al solo scopo di far circolare e riciclare i relativi flussi finanziari. L’attività di indagine, espletata in coordinamento investigativo con le direzioni distrettuali Antimafia di Napoli e di Firenze, ha consentito di individuare sei società “cartiere” con sede a Roma e nelle province di Lucca e Caserta, che, secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal gip, – spiegano dalla Guardia di Finanza – nel periodo 2009/2016, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti, per oltre 100 milioni di euro, a favore di 643 imprese beneficiarie della frode ed effettivamente operanti nel settore edile nell’intero territorio nazionale, prevalentemente nella Regione Campania, ma anche nelle Marche, in Toscana, Emilia Romagna, Lazio ed Umbria. L’emissione delle citate misure cautelari costituisce il risultato di un’articolata indagine che
ha consentito, anche con il supporto di attività tecniche di intercettazione, di delineare compiutamente le strutture associative e di individuare il modus operandi delle stesse e i
diversi ruoli e responsabilità in capo a ciascun sodale. E’ così emerso dall’attività investigativa che le società edili, dislocate in diverse province italiane, per simulare l’effettività delle operazioni commerciali, pagavano il corrispettivo, tramite bonifici bancari, alle società “cartiere” riconducibili ai promotori delle due associazioni criminali, che di contro emettevano le false fatture di vendita. Successivamente le “cartiere” rimettevano le intere somme ricevute su conti correnti intestati ad altre ditte/società di comodo, le quali le trasferivano ulteriormente, mediante
operazioni di giroconto e ricariche di carte, ai numerosi sodali addetti alle operazioni di prelievo. Tutto il contante prelevato, secondo la ricostruzione accusatoria, veniva poi consegnato ai promotori delle organizzazioni tramite alcuni  referenti, veri e propri “capi squadra” del riciclaggio. I promotori, trattenuta una percentuale di guadagno per il “servizio” criminale reso (dal 12% al 22% dell’imponibile delle fatture emesse), restituivano sempre in contanti la restante parte agli imprenditori che avevano disposto i bonifici iniziali. Tale complesso metodo di ripulitura del denaro è stato agevolato anche dalla connivenza di un funzionario infedele dell’istituto bancario dove erano stati accesi i conti correnti di tutte le cartiere, il quale, pur essendo a conoscenza dell’origine illecita delle risorse finanziarie, prestava la propria autorizzazione all’effettuazione di operazioni non in linea con le corrette procedure bancarie, aderendo agli ordini direttamente impartiti, anche
telefonicamente, dai sodali ed astenendosi, di conseguenza, anche dalla dovuta segnalazione delle operazioni ai fini della normativa antiriciclaggio. Attraverso tale sistema fraudolento le società beneficiarie ed utilizzatrici delle fatture false hanno usufruito degli indebiti risparmi d’imposta derivanti dalla contabilizzazione di costi fittizi nonché della relativa Iva a credito, potendo inoltre disporre di fondi neri costituiti dal denaro liquido, per la parte a loro restituita in maniera non tracciata. La svolta investigativa è stata poi possibile anche grazie all’individuazione di un ufficio
amministrativo occulto in cui venivano pianificate le operazioni e gestito l’intero flusso documentale e finanziario. In questo locale avveniva quotidianamente lo scambio del denaro tra i “capi squadra”, i vertici dell’organizzazione e gli imprenditori utilizzatori delle fatture false che avevano disposto a monte i bonifici. La perquisizione della sede occulta ha quindi consentito di sottoporre a sequestro copiosa documentazione contabile ed extracontabile, copia delle fatture false emesse, nonché circa 110 mila euro di denaro contante, cristallizzando, di fatto, l’intero impianto accusatorio. L’analisi della documentazione e le indagini finanziarie poi effettuate dal Gruppo della Guardia di Finanza di Aversa hanno consentito, infine, di accertare come i due gruppi
criminali individuati fossero in grado di riciclare, attraverso vorticosi giri di prelievi, ricariche e postagiro, di oltre 200 mila euro al giorno. Infine, dall’esito degli approfondimenti fiscali effettuati, sono stati contestati alle organizzazioni criminali proventi illeciti per oltre 13.500.000 euro e un’ Iva evasa per oltre 25.000.000 di euro”.


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