Immediata revisione della normativa sul sisma. E’ quanto richiedono a gran voce i sindaci di Bolognola, Camerino, Castelsantangelo, Fiastra, Monte Cavallo, Muccia, Pieve Torina, Serravalle, Valfornace e Ussita. Lo fanno attraverso una lettera inviata ai senatori e i deputati marchigiani, oltre che al governatore Luca Ceriscioli e al commissario straordinario per la ricostruzione, Paola De Micheli. I sindaci, in sostanza, avanzano dieci richieste allo Stato: una immediata divisione in tre categorie dei Comuni colpiti dal sisma (catastroficamente colpiti, gravemente colpiti e lievemente colpiti), poter modificare la sagoma dei fabbricati nel caso di demolizione e ricostruzione di edifici nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, estendere l’operabilità delle casette provvisorie, estendere le normative regionali previste per il piano casa anche alla sanatoria delle difformità edilizie, consentire l’accertamento di compatibilità paesaggistica anche per aumenti di volumi o superficie nei limiti previsti dalle normative regionali, la modifica del decreto “Salva Peppina”, garantire per un periodo non inferiore ad almeno 15-20 anni benefici in termini di esenzioni fiscali tanto alle attività già esistenti quanto ai nuovi insediamenti produttivi nei Comuni in fascia “catastroficamente colpiti”, la semplificazione delle procedure burocratiche, l’attribuzione di maggiori competenze ai sindaci e l’accelerazione delle procedure di ricostruzione, inviando contemporaneamente la progettazione sia all’Ufficio ricostruzione regionale, sia agli Uffici comunali.
Richieste che, secondo i sindaci, sarebbero pienamente motivate da una serie di fattori. Innanzitutto «i 138 Comuni italiani del cratere non sono stati tutti colpiti in misura uguale – spiegano -. L’individuazione di tre tipologie di fasce non solo consentirebbe una reale e concreta risposta alle popolazioni colpite, ma renderebbe anche le norme in deroga sicuramente meno impattanti sia in termini ambientali che economici». Inoltre «l’applicazione della normativa ordinaria emanata sull’intero perimetro dei 138 Comuni non ha prodotto i risultati auspicati originando, per alcune aree catastroficamente colpite, notevoli ritardi sulla messa in sicurezza, sul ripristino della viabilità comunale e interprovinciale, sul conferimento delle macerie e su quant’altro connesso alla grave situazione creatasi». Risulta poi «elevato – si legge nella nota dei sindaci – il numero di improcedibilità delle domande di ricostruzione, poiché la maggior parte delle difformità non sono sanabili, tanto da vedere frenata la cosiddetta ricostruzione leggera. Si potrebbe verificare una ricostruzione a “macchia di leopardo”, dovuta essenzialmente all’abbandono degli immobili da parte dei proprietari esclusi, ai quali i fabbricati sono spesso pervenuti in eredità, inconsapevoli della presenza di difformità edilizie minimali» Infine «la definizione della “Zona franca urbana” (Zfu) su tutti i 138 Comuni non ha prodotto nessun aiuto concreto per i Comuni montani dell’Appennino, venendo meno all’obiettivo primario che era volto alla pianificazione e rinascita dei territori distrutti e già ubicati in un contesto di marginalità».
(Leo. Gi.)
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