Alessandro Felicioni
di Pierpaolo Pierleoni
Ha lanciato la sua candidatura a sindaco partendo con largo anticipo, a dicembre. Nelle scorse settimane è stato il primo a rendere note le linee programmatiche, a partire da alcuni temi caldi, come centro, ex Fim, erosione e lungomare. Alessandro Felicioni, leader del Laboratorio civico Pse, inizierà da lunedì 9 aprile, alla sala conferenze della Piccola, il suo primo giro di incontri nei quartieri. “A breve apriremo anche altre due sedi elettorali, in centro ed alla Faleriense, dopo quella già attiva da tempo in zona nord. Organizzeremo iniziative che si ripeteranno, pensiamo a degli aperitivi il venerdì per far conoscere ai cittadini le nostre idee”.
Come si è articolato il suo programma?
“L’idea che ha mosso il nostro gruppo è stata quella di procedere per spirali di crisi. Mi spiego meglio, con un esempio. Dalla crisi economica si è innescato un circolo vizioso che ha portato alla chiusura di attività, alla perdita di lavoro, alla marginalità, fino ai problemi di sicurezza. Vorremmo intervenire per ogni livello della spirale con azioni concrete. Molto a nostro avviso parte da una difficoltà finanziaria dell’ente. Se quando ti confronti con un privato ti presenti disarmato, sei sempre in una situazione di debolezza. Allora razionalizzare i costi, aggredire in modo più efficace i crediti non riscossi, penso alla piattaforma Edison come all’ex Fim, per dare maggiore solidità finanziaria al Comune, può essere una base importante”.
Un programma parte da uno sguardo complessivo sulla situazione attuale. Come sta oggi Porto Sant’Elpidio?
“La mia impressione è quella di un treno che ha deragliato, o che ha imboccato un binario morto. E’ difficile rimettersi in carreggiata senza interventi traumatici. In alcune situazioni è impensabile un dietrofront complessivo. Si cercherà di utilizzare al meglio ciò che è incontrovertibile. Ma alcune questioni vanno affrontate di petto”.
Partiamo dal centro e dall’operazione cineteatro Gigli. Lei scrive: non paghiamo 2,4 milioni di euro per 600 metri quadri vuoti. Che vuole fare?
“Non ci sembra saggio spendere quella cifra per una porzione di stabile su cui pende anche un vincolo, sia architettonico che di destinazione. Per questo vorremmo ragionare sulle modalità di utilizzo e di corresponsione del bene. A nostro avviso non è necessario acquistarlo, fatti salvi gli aspetti legali ed economici del contratto preliminare di vendita. Non riesco a concepire che 600 metri quadri valgano 2,4 milioni quando a 100 metri di distanza, fronte mare, 2.400 metri quadri valgono la metà”.
Che cosa non condivide dell’operazione?
“La questione cineteatro è la cifra di tutto ciò che vorremmo scardinare. Un’operazione posta come bene comune, ma che per prezzo, modi e tempi sintetizza un rapporto di totale sudditanza del pubblico dal privato. Ad esempio, perchè si è passati da una permuta tra cineteatro Gigli e lotti di via Mameli ad un doppio preliminare di vendita? Nel primo caso il privato avrebbe dovuto terminare l’opera prima di ricevere il conguaglio. Così, invece, mentre il nostro contratto ha una data certa e ci impone di pagare, la vendita del lotto ha tempistiche che dipendono dal privato”.
In caso di vittoria arriverebbe con dei lavori al Gigli terminati o in dirittura d’arrivo. Non sarebbe tardi per rivedere tutto?
“Arriverei a giochi pressoché fatti, è vero. Dico però che è possibile sedersi e valutare la possibilità di rinegoziare le condizioni di quel contratto. Faremo in sintesi tutto ciò che è nelle nostre possibilità affinchè il Comune non si sobbarchi un mutuo di un milione e mezzo, che può essere investito in altro modo”.
Anche sulla Fim lei parla di rinegoziare gli accordi ed eventualmente azzerare le previsioni urbanistiche. Come si muoverebbe?
“Partiamo da un’area privata con un accordo di programma ratificato. Per troppo tempo sono state portate a braccetto bonifica ed operazione urbanistica. Questo è sbagliato. La bonifica è un obbligo della proprietà, a prescindere. Proprio perchè è un obbligo, noi auspichiamo una scadenza certa. O si conclude in tempi brevi, o il Comune ha strumenti tecnici e normativi per avocare l’obbligo di bonifica e rivalersi nei confronti del privato attraverso un privilegio speciale su quell’area. Potremmo anche ragionare sull’ipotesi di riprendere in mano noi la questione”.
Sull’erosione, nel suo programma si legge: eliminazione dei pennelli Castellano e Tenna, arretramento/spostamento del lungomare. Sono operazioni impegnative.
“Il concetto di base è che la costruzione del lungomare sud ha alterato un equilibrio naturale e tutti gli interventi successivi, giusti o sbagliati, hanno cercato di arginare ciò che era stato alterato. Per questo partiremmo dal rimuovere quei pennelli per consentire un ripascimento naturale. Oggi si parla di scogliere emerse: anche avendo i soldi domani, e non sarà così, ci vorrebbero anni per realizzarle. Quanto all’arretramento del lungomare, in questo senso la nuova strada parallela alla stazione, prevista nell’accordo ex Fim, potrebbe rivelarsi funzionale e consentirebbe di ripristinare quell’equilibrio. So di parlare di progetti ambiziosi e di lungo termine, ma se il treno non iniziamo mai a rimetterlo sui binari giusti, non risolveremo mai i problemi”.
Lei ipotizza anche azioni per valutare profili di responsabilità degli attori coinvolti nelle azioni di difesa della costa, in che senso?
“Nel senso che sulle opere di protezione costiera, ma non è l’unico caso, è mancata la trasparenza per capire di chi sia stata la colpa per gli interventi mal realizzati. Non voglio perseguire nessuno, ma non è possibile che chi sbaglia non paghi mai, è ora di agire in modo da individuare su chi cadano le responsabilità, anche patrimoniali, non solo politiche, dei danni provocati alla città. Guardiamo a via Marinai d’Italia. Non basta dire: la ditta ha sbagliato, i lavori si rifanno e non ci sono costi aggiuntivi. Ma ci potrebbe essere anche un danno d’immagine, un disagio provocato ad una comunità ed a chi lavora in quella zona. Iniziamo ad individuare le responsabilità di certe azioni”.
Si impegna al consumo zero di suolo e al rilancio del commercio, in che modo?
“Prendiamo l’ex Fim, si parla di 250 nuovi appartamenti. Dove c’è offerta eccessiva di residenziale, il prezzo non può che scendere e il patrimonio immobiliare esistente perde di valore. Credo invece che la strada sia riqualificare ciò che c’è già, ragionare di efficientamento energetico. Quando si parla di commercio credo poco agli incentivi agli attività, è compito del Comune operare in modo da aumentare la domanda e questo è possibile incrementando la circolazione di persone, aumentando le luci accese, che significa anche combattere il degrado e garantire più sicurezza”.
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