di Alessandro Fulimeni
(responsabile progetti Sprar della provincia di Fermo)
Nel tempo patologico della proliferazione dell’Uguale e dell’espulsione dell’Altro, il registro linguistico razzista vive da alcuni anni un periodo rigoglioso, sostenuto e diffuso da una comunicazione digitale in cui l’Ascolto è assente e l’Informazione è evaporata.
Essendo progressivamente venuta meno l’interdizione morale nei confronti di parole e atti xenofobi, siamo sommersi da un fiume di orribili neologismi , slogan, locuzioni, congiunzioni avversative , la più celebre della quale è la nauseabonda “non sono razzista ma…”, una sorta di autodenuncia dell’essere razzista di chi la formula.
Ma ancora più subdola, e pronunciata indifferentemente a destra e a manca, è la crescente lamentazione sul “razzismo al contrario”, che verrebbe praticato nei confronti dei bianchi italici in riferimento a misure messe in atto nei confronti dei neri immigrati.
Ora, è vero che recenti statistiche ci dicono che un italiano su tre è un analfabeta funzionale e che in tale classifica siamo i quart’ultimi al mondo; ma affermare che persone che hanno perso tutto, scampati alla morte verso cui anche i nostri muri li spingono, nuda vita da sfruttare e da utilizzare come capro espiatorio, siano dei privilegiati rispetto agli autoctoni, appare una bestialità figlia di questi tempi tragici che stiamo vivendo.
Come si può parlare di “razzismo al contrario” se la cultura razzista è da sempre una espressione diretta di un tessuto sociale, economico e politico e rappresenta, come afferma Clelia Bartoli, “una delle strategie sociali più razionali nella competizione per le risorse materiali e simboliche”?
Dopo secoli di predominanza, oppressioni, saccheggi da parte della “razza bianca” , in cui il razzismo è stato una componente strutturale dei rapporti di dominazione e sfruttamento, che hanno avuto ed hanno la loro massima espressione nel colonialismo e nell’imperialismo, l’affermazione di “un razzismo al contrario” non vale una battuta di avanspettacolo.
Invece va detto, e dovrebbe essere oggetto di riflessione per i suoi sostenitori, che il “razzismo al contrario” è una espressione che in realtà non significa nulla.
Il “razzismo al contrario” è un non senso, un’invenzione, un ulteriore , ennesimo prodotto del nostro eurocentrismo: perché il razzismo è razzismo, in qualsiasi direzione vada.
Non esiste il razzismo al contrario, esiste il contrario del razzismo. Non sarebbe allora meglio, se, invece di urlare di “razzismo al contrario”, urlassimo e ci impegnassimo contro il razzismo?
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