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The silent man: l’uomo che mise a nudo la casa bianca

Per gli appassionati di cinema, la recensione di Giuseppe Di Stefano

The Silent Man” racconta la storia di Mark Felt, basandosi sul suo libro autobiografico (pubblicato nel 2006) e su ampie ricerche e interviste condotte dallo scrittore e regista Peter Landesman (“Concussion“).

Mark Felt è stato un vicedirettore dell’FBI, in carriera e secondo solo al direttore J. Edgar Hoover, noto per essere aver segretamente trasmesso informazioni al Washington Post – sotto lo pseudonimo di “Gola profonda” – propedeutiche all’inchiesta che portò lo scoppio dello scandalo Watergate, determinante per la fine della presidenza di Richard Nixon. Felt non rivelò mai la sua identità fino al 2005, anno in cui concesse un’intervista al noto periodico mensile Vanity Fair confessando di essere il misterioso informatore. Tuttavia, e questo può permettere di capire l’enorme mole di segreti di cui era a conoscenza, non perse mai il suo incarico all’interno del Bureau nonostante in molti fossero a conoscenza della sua attività.

La storia inizia nel 1972, con Mark Felt (Liam Neeson) nei panni di un agente governativo di 59 anni e con metà della sua vita trascorsa all’interno dell’FBI. Con la morte del direttore Hoover in aprile, Felt si aspetta di essere promosso al suo posto, ma Nixon vuole lì il suo ragazzo, L. Patrick Gray (Marton Csokas). Mark non si dimette per la convinzione di dover rimanere e proteggere l’integrità del Bureau, ma quando lo scandalo Watergate esplode, deve restare a guardare mentre le prove vengono coperte e le indagini ridotte. Vede il nuovo direttore e il procuratore generale compromettere i risultati delle ricerche e fare false dichiarazioni. Ed è indignato.

Come interpretato da Neeson, Felt è una figura ostile, severa e austera tuttavia, nel perseguimento della giustizia, fa qualcosa che sembrerebbe impossibile per qualcuno con una lunga carriera nel settore della segretezza: inizia a far trapelare informazioni alla stampa. È così desideroso di raccontare la sua storia che comincia a passare notizie ad un novizio di 29 anni, uno che, per sua fortuna, è un tale di nome Bob Woodward all’inizio di una grande carriera nel giornalismo. Data la sua posizione, Felt era al corrente di informazioni altamente classificate quindi, ogni volta che dava qualcosa in pasto a Woodward, i suoi capi (compreso lo stesso Nixon) sapevano che solo una manciata di persone avrebbero potuto aver accesso a quelle informazioni. Il compito di Felt era di nutrire il giornalista quel tanto che bastava per mantenere vive le indagini, senza mai però rivelare la propria mano.

 

Tutto il materiale relativo allo scandalo Watergate e a Mark Felt è avvincente e coinvolgente perciò è plausibile desiderare che sia l’intero focus del film. Invece, Landesman sceglie di sacrificare del tempo sul rapporto di Felt con la sua tempestosa moglie (Diane Lane) e con la sua tristezza per una figlia scomparsa, fuggita per abbracciare lo stile di vita della controcultura. Landesman e gli attori fanno del loro meglio, ma ovviamente non possono rendere la vita privata dell’agente interessante quanto quella segreta. In conclusione, la figura di Mark Felt conferisce allo spettatore un’aura rassicurante, perché suggerisce che il sistema americano è così brillantemente costruito che non importa quanto sia faticosa e persuasiva la menzogna e quanto potenti siano i bugiardi, ma una persona in possesso della verità può riuscire ad abbattere persino un’amministrazione corrotta.

 

di Giuseppe Di Stefano


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