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Soffre il distretto Fermano
Appello alle imprese: innovare e investire
per battere la crisi

PORTO SAN GIORGIO -Lo stato di salute del distretto fermano? Centro studi e ricerche Carducci ed Istao hanno fatto il punto oggi pomeriggio nella sala consigliare di Porto San Giorgio. Dati e proposte per fronteggiare la crisi.

di Sandro Renzi 

Lo stato di salute del distretto fermano? Centro studi e ricerche Carducci ed Istao hanno fatto il punto oggi pomeriggio nella sala consigliare di Porto San Giorgio.  Occasione per passare ai raggi x l’economia locale alle prese con grosse e rapide trasformazioni che stanno fagocitando il distretto Fermano. Ad aprire il confronto serrato e tecnico  è stato il presidente del Carducci, Fabio D’Erasmo. “Il Fermano ha vissuto una serie di riforme accelerando situazioni che poi si sono ripetute in altri territori italiani.  Il nostro comprensorio ha saputo ad esempio compensare il calo delle esportazioni verso la Russia aumentando gli scambi commerciali in altri Paesi. Un plauso quindi agli imprenditori locali che hanno gestito bene queste difficoltà. La globalizzazione condiziona insomma la nostra economia sotto diversi aspetti: la delocalizzazione in primis”. Al centro dell’incontro, quindi, il tema della globalizzazione ed il governo del territorio, ricerca e innovazione, occupazione e nuove attività produttive. Un approfondimento sullo sviluppo economico della regione e un’analisi della situazione Fermana per tentare non solo una fotografia dell’esistente ma per offrire delle prospettive future. E’ stato il sindaco Nicola Loira a fare gli onori di casa. “Saluto i presenti, le autorità e ringrazio il Centro studi Carducci per aver voluto questo momento di approfondimento sull’economia del nostro territorio. Questa regione si sta trasformando rapidamente. E iniziative come questa non possono che essere utili a tutti come analisi e momento di riflessione” ha detto il primo cittadino rivierasco. E’ stata poi la volta di Guido Tascini che ha posto l’accento sul ruolo che la tecnologia, la conoscenza e l’informatica rivestono nell’economia mondiale, ribadendo la necessità di attivare anche nel Fermano “un centro specializzato nello studio e nella ricerca delle nuove tecnologie, anche perché abbiamo le risorse umane per farlo, basterebbe investire qualche milione di euro”. Parola quindi a Paolo Sbattella, altro componente del Centro Carducci che ha invece focalizzato l’attenzione sulla connessione tra le nuove attività produttive ed i livello occupazionali.

“Nelle Marche ci sono sei distretti -ha detto Sbattella- manifatturieri ed artigiani. Diversi tra loro e complessi. La chiave di tenuta del nostro distretto deve essere il made in Italy, marchio che ci permette di essere facilmente riconoscibili e di vendere i nostri prodotti. Le imprese che hanno saputo internazionalizzarsi puntando sul marchio e la qualità del prodotto sono state in grado di affrontare e superare i momenti di crisi”. Spazio quindi ai dati illustrati per mettere a confronto le principali aziende che fanno da traino nei vari settori all’economia marchigiana.  “Nel Fermano il problema della tenuta del distretto è più forte rispetto ad altre realtà. Le imprese hanno difficoltà ad imporsi nel mercato internazionale. Stanno facendo pochi investimenti, poca ricerca?” la domanda di Sbattella. Una cosa è certa. “Chi ha saputo organizzarsi è cresciuto andando a prendere altre quote di mercato perse da altri”. E’ stata quindi la volta della politica. Il primo a prendere parola è stato il vicesindaco Francesco Trasatti che ha messo l’accento su cultura e turismo “come punti di forza per ribadire che il made in Italy è il valore aggiunto che all’estero ci riconoscono”. Parla della politica attuale inadeguata il sindaco di Rapagnano, Remigio Ceroni aprendo il suo intervento. “Preoccupano i dati -ricorda Ceroni che da senatore ha seduto nella commissione bilancio- abbiamo perso un milione di occupati e questo determina la fuga dei cervelli. Sono 430 mila le persone che hanno lasciato l’Italia e c’è perdita di classe dirigente. Si brucia la spesa che lo Stato ha stanziato per formare la nuova classe dirigente, ma c’è anche una perdita del gettito oltre ad un incremento di spesa per l’immigrazione”. Il sindaco di Porto San Giorgio, Nicola Loira, si è soffermato invece sul ruolo che possono avere le amministrazioni locali partendo proprio dal lavoro. “Siamo la frontiera della società -ha detto Loira- ma coinvolti nelle conseguenze della globalizzazione. Possiamo incidere poco in questi processi ma dobbiamo essere pezzi di un sistema più ampio e non possiamo occuparci solo di manutenzione delle strade o di sostegno, essere invece parte di una programmazione più ampia che ci aiuti a fronteggiare situazioni complesse”. Loira ha ribadito la necessità di investire su settori in cui le Marche non hanno mai investito in maniera organica. “Penso al turismo -ha rimarcato- Porto San Giorgio non è più autosufficiente ma essere anche in questo caso un pezzo di un sistema che va dal teatro romano di Falerone alle piscine di Fermo fino alla reggia napoleonica di Porto San Giorgio”. Turismo, insomma, non si fa con le manifestazioni. Altro settore che può diventare una piattaforma su cui investire è la cultura biologica. “Per creare lavoro ed occupazione” ha aggiunto Loira. Le conclusioni al presidente dell’Istao, Pietro Marcolini. “Per uscire da dieci anni di crisi occorre una strategia di ampio respiro-ha detto Marcolini- l’economia distrettualizzata cresce del 10.2, di più rispetto alle altre aree. Quello calzaturiero ha una sua connotazione specifica visto che la produttività comincia a calare addirittura negli anni ’90”. Marcolini è tornato a rimarcare che la globalizzazione “apre orizzonti e toglie barriere. Le novità sono positive: non c’è un settore che di per sé è innovativo, così come non esiste un settore che sia arretrato”. Il presidente dell’Istao ha inoltre sottolineato l’importanza del piano Calenda. “Formazione ed educazione che possono fare comuni, province e regione, sono importanti. Ma soprattutto fare rete”. E quando parla di rete Marcolini guarda anche oltre confine, dove si infrange l’onda dell’innovazione informatica. Poi uno sguardo alle calzature. “Dai picchi del ’79, oltre 500 milioni di paia di scarpe prodotte, siamo passati a 100 milioni. Adesso basta,  bisogna qualificare” l’appello del presidente Istao che aggiunge “tecnologia spinta e manifattura fanno la differenza, fuse insieme”. Ricetta per superare la crisi? Sì per il numero uno dell’Istao che tiene a precisare come questa soluzione non valga solo per il mercato del lusso. C’è anche la partita aperta dello stato di crisi in discussione ad Ancona per l’area del Fermano. Ed il capitolo della formazione professionale. “A portata di mano”. Ma la differenza cosa la fa realmente? “Lo spirito comunitario” ha concluso Marcolini.

 

 

 

 

 

 

 


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