Giuseppe Fedeli
di Giuseppe Fedeli (giudice di Pace di Fermo e scrittore)
È morto a seguito di una grave malattia il neuropsichiatra Fabio Terribili. Tributario del pensiero del grande Franco Basaglia, negli anni tra il 1956 e il 1963 l’incontro con la dimensione fenomenologico-esistenziale ebbe grande importanza per la sua formazione medico-clinica. L’adesione al pensiero husserliano e di Franz Brentano fu un primo strumento di smascheramento del terreno ideologico su cui la scienza si fonda (attraverso la possibilità di avvicinare il “malato” mentale, senza i diaframmi impliciti nella rigida definizione sintomatologica delle sindromi, esplorando le sue diverse modalità di “essere”). Il pensiero fenomenologico esistenziale portava così sul proscenio il problema dell’uomo non più come entità astratta definibile secondo un sistema di categorie chiuse, ma come soggetto/oggetto di una sofferenza sociale.
Anche anni dopo la sua teorizzazione, pietra miliare che portò alla chiusura dei manicomi, Basaglia scriveva: «…un’istituzione che intende essere terapeutica deve diventare una comunità che si fonda sulla interazione preriflessiva di tutti i suoi membri, dove il rapporto non sia il rapporto oggettivante del signore con il servo o di chi dà con chi riceve; dove il malato non sia l’ultimo gradino di una gerarchia fondata su valori stabiliti una volta per tutte dal più forte: dove tutti i membri di una comunità possono, attraverso la contestazione reciproca e la dialettizzazione delle reciproche posizioni, ricostruire il proprio corpo proprio.»
Fabio Terribili guardava negli occhi il paziente, di lá da una visione fredda e scientifica che lo sussumeva in categorie medico-nosologiche pre-date, e su ciascuno modulava la sua diagnosi e la terapia, consapevole della unicità dell’essere uomo.
Ci ha lasciato uno dei grandi continuatori del pensiero che annovera tra gli epigoni Eugenio Borgna, alfiere dell”approccio medico (uomo)- paziente. Il tentativo di inserire la medicina in un pensiero che tenga conto dell’uomo nella sua globalità, per liberarla della natura oggettuale del suo rapporto con il paziente (altro-da-sé) è stato il cavallo di battaglia del dottor Terribili, e lui, a giudicare dai risultati ottenuti, è riuscito nell’intento. Contemplando i deserti sconfinati della solitudine, le ombre radenti che incendiavano la esistenza di chi gli stava di fronte, le parole nude o mute che celavano un abisso di senso e di sofferenza: forte della consapevolezza che “noi siamo un colloquio”, espressione di holderliniana memoria. Coinvolgendo, nella sua grande umanità, la soggettività del paziente così come quella del terapeuta e, insieme, il sistema di credenze e di valori cui entrambi fanno riferimento.
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