di Sandro Renzi
Di negozi aperti nel dopocena se ne contano a malapena su due mani. La proposta caldeggiata anche dall’Ataf che si è fatta portavoce delle richieste arrivate dai clienti che alloggiano nelle strutture alberghiere sangiorgesi, oltre che da qualche categoria, non sembra aver fatto breccia tra gli operatori commerciali. Salvo ovviamente quelli che hanno a che fare con il settore della “somministrazione”, ovvero bar, gelaterie, pizzerie e ristoranti. Tutti aperti e non potrebbe essere altrimenti visto che proprio d’estate gli incassi subiscono un’impennata verso l’alto. Per il resto le saracinesche restano abbassate dopo le 20. Che sia sabato o martedì, quando ad esempio via Gentili viene chiusa al traffico, la stragrande maggioranza degli esercizi preferisce non aprire partendo dal presupposto che la movida e il passeggio si spostano ad est della ferrovia. Il centro della città, nei tre mesi estivi, finisce per diventare il lungomare Gramsci. Ed a poco serve organizzare eventi in piazza Matteotti o mercatini. La propensione a restare chiusi supera di gran lunga il numero di quei commercianti più “coraggiosi” che opta per l’apertura serale. Sarà quindi, con molta probabilità, un’altra estate, l’ennesima, con i negozi chiusi dopo cena, sebbene se ne parli da molti anni. Le cose non sono cambiate. I dubbi riguardano pure i costi di una operazione simile. In particolare per chi deve pagare un dipendente. E’ vero che si potrebbe posticipare l’orario di apertura pomeridiano, magari alle 18, e garantire un no stop fino alle 23. O ancora spezzare l’orario, tenere chiuso durante la cena, e riaprire fino a mezzanotte. Sulla bilancia dovrebbero finire pro e contro di una scelta simile. Ma è altrettanto vero che se non si comincia mai e se nessuno prende il coraggio a due mani e tenta questa carta, non sarà possibile pesare a pieno benefici e disagi di un progetto simile. Che in altre città turistiche è invece decollato da tempo. Provare per credere, insomma, come recitava un vecchio spot pubblicitario. E se la proposta dovesse risultare poco conveniente per i commercianti, basterebbe poco per tronare indietro. L’alternativa non c’è. Se non continuare a confrontarsi, sedersi allo stesso tavolo e rimandare tutto di nuovo al prossimo anno come avviene da un paio di lustri a questa parte. Tenendo conto, peraltro, che all’esame del governo potrebbe arrivare presto la richiesta, già anticipata da qualche ministro,di ridurre le aperture domenicali. Che nel caso di Porto San Giorgio fanno comodo soprattutto d’estate quando il centro si anima grazie al mercato ambulante.
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