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La proprietà Fim chiede di demolire la Cattedrale: richiesta al Ministero la revisione del vincolo

PORTO SANT'ELPIDIO - Spunta una lettera con cui i privati chiedono che la Soprintendenza regionale riveda il vincolo di tutela su ciò che resta della vecchia fabbrica; si punta ad avere il via libera per demolire l'edificio vincolato, a causa delle condizioni di degrado e delle difficoltà di bonifica, per poi "ricostruirne uno in tutto identico"

di Pierpaolo Pierleoni

La proprietà della Fim chiede il via libera per abbattere la Cattedrale della vecchia fabbrica di concimi. E’ quanto si legge in una domanda di revisione del vincolo architettonico che la società ha inviato all’inizio della primavera, esattamente al 27 marzo, al Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche, e per conoscenza a Comune, Provincia, Regione ed Arpam. Si chiede in sostanza di rivedere il provvedimento, adottato con decreto dell’agosto 2001, che mise sotto tutela appunto la Cattedrale e la Palazzina uffici del vecchio complesso industriale di Porto Sant’Elpidio. L’intenzione è quella di abbattere ciò che rimane dell’immobile vincolato, con l’impegno a ricostruirne uno “in tutto identico”.

Ma perchè questa richiesta, di cui nulla era trapelato finora? La Fim Spa, nella relazione inviata al Ministero, ripercorre le lunghe tappe della telenovela sull’ex fabbrica, dall’apposizione del vincolo al progetto di bonifica, ricordando anche una precedente richiesta, negata, di abbattere un timpano in muratura, ed il crollo di alcune capriate lignee avvenuto nel 2009.
Si sottolinea che “del grande complesso industriale non rimane molto, l’esposizione alle intemperie ne ha aumentato il degrado. La sua consistenza materica è ridotta a pochi muri che non rendono affatto l’idea della struttura originaria”. Si fa notare inoltre come i mattoni delle pareti della cattedrale siano “profondamente inquinati ed intrisi di sostanze tossiche, tanto che le autorità competenti alla tutela della salute hanno prescritto che ne venga asportato lo strato superficiale per 9 millimetri all’esterno e 6 all’interno, con sabbiatura a secco ad alta pressione”. Una tecnica che però, stando alle prove effettuate, “crea problemi di stabilità e sarebbe irrealizzabile sull’intero edificio senza che i mattoni perdano consistenza rischiando di disgregarsi”. Come se non bastasse, secondo i privati “l’asportazione delle parti previste potrebbe non garantire l’eliminazione di ogni rischio per la salute”. C’è poi la questione del previsto miglioramento sismico dell’edificio, che “altererà l’integrità materica delle facciate”. Quindi gli interventi in programma, dalla bonifica alla ricostruzione, “ridurrebbero l’edificio a una pallida rappresentazione della realtà iniziale, comportando una falsificazione dell’immagine”. La Fim fa notare anche i rischi per la sicurezza che si porrebbero ad operare all’interno dell’ex Cattedrale, interessata da interventi di bonifica del terreno anche a notevole profondità.

In conclusione, si chiede “la revisione del vincolo, così che il provvedimento di tutela faccia riferimento al suo valore storico e quindi venga considerato di notevole importanza per la sua relazione con la storia politica, sociale, e per la cultura locale, come testimonianza di identità e della storia locale”. In pratica, non ci sarebbe più nulla da preservare sotto l’aspetto architettonico, ma si salverebbe il valore simbolico della cattedrale, che verrebbe riprodotta. La Fim precisa infatti che “la riproduzione di un edificio in tutto identico a quello in parte demolito, come previsto nel progetto approvato, garantirebbe la conservazione della memoria del luogo di produzione, della vocazione industriale dell’area . La sostituzione materica dell’immobile consentirebbe una migliore e completa bonifica dell’area diminuendo i rischi ambientali e aumentando la sicurezza, prima per le maestranze del cantiere, poi per i cittadini”.


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