In alcuni film horror particolarmente riusciti, ci sono momenti in cui il regista riesce a convogliare perfettamente tutto il terrore in un unico suono. Gli artigli di Freddy Krueger su metallo, il click del Predator, il gutturale dook-dook di Babadook. In “Hereditary”, è il suono percussivo che una bambina fa battendo la lingua dalla cima alla base della sua bocca. L’esordio alla regia dello sceneggiatore e regista Ari Aster è una scatola di incubi squisitamente artigianale e, una volta che ci si rende conto che il coperchio si è già chiuso dietro di noi, non potrà non lasciare dei segni sotto la pelle.
“Hereditary – Le radici del male” è stato da molti descritto come un “Esorcista” della nostra generazione, il che non è pienamente corretto dal momento che la Aster ha forse attinto maggiormente da altre ispirazioni: A Venezia… un dicembre rosso shocking e Rosemary’s Baby, nei presentimenti e nelle cospirazioni, e anche un po’ da Sussurri e Grida di Bergman.
La regia, le riprese e la colonna sonora sono tutte brillanti, ma non sarebbero nulla senza la straordinaria interpretazione di Toni Collette, con il suo volto di paura e rabbia: questa magnifica attrice otterrà quasi sicuramente qualche riconoscimento il prossimo febbraio. Collette interpreta Annie Graham, una donna profondamente turbata che vanta una certa fama come artista contemporanea per la creazione di oggetti in miniatura, come case e bambole, realizzati con straordinari dettagli e gran cura dei particolari.
Chiaramente, questo processo artistico è l’altra faccia della medaglia di una maniacalità del controllo di Annie, un bisogno di ridurre e rendere gestibile una vita che è in qualche modo al di là di lei. Probabilmente questo atteggiamento lo ha ereditato dalla sua anziana e violenta madre, appena morta dopo anni di demenza; una donna la cui influenza (negativa) ha effettivamente avvelenato le vite di Annie, il suo tranquillo marito Steve (Gabriel Byrne) e i loro figli adolescenti Peter (Alex Wolff) e Charlie (Milly Shapiro). Questa nonna ha insistito per prendere Charlie sotto la sua ala e, ora che è morta, il suo fantasma sta insistendo affinché la tredicenne rilasci il male che è racchiuso nel dna della famiglia.
La colonna sonora di Colin Stetson crea un impeto di paura, accentuando il trucco del film di passare dal giorno alla notte con un singolo battito percussivo della lingua, come accendere o spegnere la luce del giorno con un interruttore. Il designer della produzione Grace Yun e il direttore della fotografia Pawel Pogorzelski creano una luce solare da sogno per le scene all’aperto e, al chiuso, le loro composizioni quadrate rendono le stanze incredibilmente simili a delle case di bambole. C’è qualcosa di inesprimibilmente spaventoso nel credere, anche solo per un secondo, che gli esseri umani che stiamo guardando siano in realtà dei piccoli manichini animati da possessione satanica.
di Giuseppe Di Stefano
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati