di Gianluca Ginella
Nell’incendio alla Orim sono state emesse anche diossine (il valore più alto misurato subito dopo il rogo è di 1.94 picogrammi per metro cubo, poi sceso fino a 0,10): «un valore che va paragonato con quello di altri incendi, e rispetto ad eventi simili le emisisoni sono di gran lunga più basse. Quello al Cosmari aveva valori di alcune centinaia di picogrammi». A spiegare la situazione è il direttore dell’Arpam, Tristano Leoni, dopo la pubblicazione dei risultati delle analisi su aria, acqua, vegetali (le tabelle sono riportate nell’articolo). Inoltre l’Arpam ha svolto accertamenti per i cattivi odori che ancora si sentono nella frazione di Piediripa disponendo dei campionatori (radielli) in un’area intorno allo stabilimento della Orim. Da questo è emersa la presenza di solventi che sarebbero la causa dei cattivi odori. Per far sparire del tutto le puzze, occorrerà svolgere una pulizia in azienda, togliendo il materiale con il permesso della magistratura visto che l’area è sotto sequestro. Una pulizia che dovrebbe comunque partire a breve.
I dati su ciò che è stato emesso nell’aria dopo l’incendio alla Orim sono stati pubblicati. L’Asur si era già espressa sottolineando che non ci sono rischi per la salute. Una delle principali domande era se con l’incendio fossero state generate diossine. Il titolare, Alfredo Mancini, lo aveva escluso, ma i dati dell’Arpam dicono che le diossine c’erano.
Il primo valore registrato, dalle 20,30 del 6 luglio alle 12,30 del 7 luglio, è di 1,94 picogrammi per metro cubo. Il secondo rilevamento, dalle 14 del 7 luglio alle 14 dell’8 luglio è di 0,95. Il terzo rilevamento dalle 15,30 del 9 luglio alle 15,30 del 10 luglio è di 0,15. Medesima presenza è stata rilevata dalle 15,50 del 10 luglio alle 15,50 dell’11 luglio. Ultima misurazione disponibile, dalle 12,25 del 14 luglio alle 12,25 del 15 luglio è di 0,10. «Non esiste un valore limite per le diossine, diciamo che la Oms (Organizzazione mondiale sanità) stabilisce in 0,1 picogrammi, mentre per noi il valore di 0,3 picogrammi è quello al di sopra del quale bisogna verificare se c’è una fonte di emissione. Va detto che il valore di 0,1 dell’Oms vale per condizioni normali – spiega Tristano Leoni –, e un incendio non lo è. Il valore va invece paragonato con altri incendi simili. Faccio l’esempio del Cosmari: in quel caso il valore di picogrammi era di alcune centinaia. Posso dire che rispetto ad altri eventi simili l’emissione di diossina è stata di gran lunga inferiore».
Altri valori che sono stati misurati nell’aria sono quelli degli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) e tra questi quello più pericoloso per la salute, il Benzoapirene. «Noi per il benzoapirene, che ha un valore limite di 1 nanogrammo, avevamo, a incendio ancora in corso, un valore di 0,67 nanogrammi, dunque inferiore». Valore che poi, dalle 20,30 del 6 luglio alle 12,30 del 7 luglio era sceso a 0,33 e che l’ultima misurazione resa disponibile, quella dalle 12,25 del 14 luglio alle 12,25 del 15 luglio, è sceso a 0,03. Per gli Ipa il valore ad incendio in corso era di 16,4 nanogrammi, poi sceso nella seconda misurazione a 8,6 e calato a 0,5 con l’ultima misurazione (tra il 14 luglio e il 15 luglio). Altra misurazione riguarda quella collegata ai cattivi odori. «Abbiamo posto dei radielli in un’area intorno all’azienda – spiega Leoni –. Sono stati individuati composti organici, in particolare solventi. Siamo abbastanza sicuri che l’odore che si sentiva fosse dovuto a questi solventi». Due le priorità in azienda: una era quella di evitare che la pioggia portasse l’acqua con il materiale sversato in fognatura, e per questo sono stati realizzati dei cordoli in cemento. La seconda cosa «è che va portato via tutto il materiale presente su superfici scoperte o in capannoni dove a causa dell’incendio non si sono più porte o la copertura e che causa i cattivi odori» dice Leoni. Altri accertamenti in corso sono sul fiume Chienti. «Le acque di spegnimento sono finite in fognatura, non a causa dei vigili del fuoco o Apm. Comunque queste acque hanno determinato un mancato funzionamento del depuratore che non è nato per depurare questo tipo di sostanze – continua Leoni –. Stiamo verificando se ci sia stato un danno ecologico nel fiume, che comunque potrebbe esserci stato nell’arco di alcune centinaia di metri rispetto a dove si trova lo stabilimento». Le indagini sulla Orim sono in corso. Un dipendente è stato iscritto nel registro degli indagati per incendio colposo. Un errore mentre era al lavoro avrebbe causato l’incendio, scoppiato nel reparto solventi.
Per quanto riguarda il nomitoraggio dei radielli (tabelle sotto), l’Arpam dice che: “Inoltre è stata riscontrata la presenza di: Triclorofluorometano, Pentano, Acetone, Metiletilchetone, Etilacetato, Cloroformio, 2-Metilesano, 2,3-Dimetilpentano, Carboniotetracloruro, 3-Metilesano, 1,2-Dcloroetano, 2,2,4-Trimetilpentano, Metilcicloesano, 1,2-Dicloropropano, Metilisobutilchetone, 1,1,2-Tricloroetano, 1,3-Dicloropropano, Clorobenzene, n-Propilbenzene, 4-etiltoluene, 3-etiltoluene, 2-etiltoluene 1,3,5-Trimetilbenzene, 1,2,4-Trimetilbenzene, m-Isopropiltoluene, p-Isopropiltoluene, n-Butilbenzene, Dodecano, Naftalene”.
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