di Maria Nerina Galié
Il giorno dopo che la squadra italiana di scherma ha colorato di azzurro il cielo di Wuxi in Cina, aggiudicandosi il titolo mondiale, il giovane schermidore Emanuele Lambertini, campione del mondo paralimpico under 23 (Varsavia, una settimana fa), ieri ha incrociato con orgoglio l’arma bianca in piazza Risorgimento in Amandola per dimostrare, a soli 19 anni, che seppure il destino ti è avverso, l’impegno premia. «Una grande vittoria il quarto oro in Cina!», ha detto senza nascondere il senso di appartenenza ad un mondo, quello della scherma, considerato di nicchia nel quale però gli italiani sanno farsi valere. «Si, siamo i migliori perché sappiamo usare insieme la velocità dei cento all’ora e la concentrazione degli scacchi. Noi italiani abbiamo la testa». Lui ce l’ha di sicuro e lo ha dimostrato nella manifestazione organizzata dalla Gibas Lighting e moderata da Francesco Massi, giornalista del Corriere Adriatico, sabato 28 luglio davanti ad una gremita platea ed al sindaco amandolese Adolfo Marinangeli, che ha rivolto all’atleta parole paterne: «Siamo felicissimi della tua presenza, della grande forza che ci stai tramettendo e di cui noi amandolesi abbiamo bisogno in questo momento. Permettimi di abbracciarti come un figlio, anche a nome della città intera».
Lambertini è bolognese, ha molti titoli internazionali ed una sola gamba. Si è appena diplomato al liceo scientifico ed ha già superato il test d’ingresso ad ingegneria, indirizzo automazione, poiché vorrà dare il suo contributo alla realizzazione di protesi più performanti, innovative, «come braccia in grado di afferrare un oggetto a tre metri di distanza o una gamba che in acqua diventa una pinna a motore». Poi, tornando con “il piede” per terra, ha spiegato che al momento è arruolato nelle fiamme oro, poiché plurititolato, ma solo nel gruppo sportivo in quanto disabile. «E’ in corso una modifica a questa legge così discriminante che impedisce a molti ragazzi come me di mantenersi praticando uno sport seppure ad alti livelli. Questa è un’altra barriera che deve essere abbattuta tra il mondo olimpico e paralimpico», ha spiegato con la competenza di un adulto, per tornare ad emozionarsi, da ragazzo quale è, nel raccontare la sua esperienza olimpica a Rio nel 2016, insieme a Bebe Vio.
E’ brillante Ema, solare, come lo ha definito Marinangeli, in grado di incantare una platea a cui lascia credere per un attimo di aver perso la gamba per il morso di uno squalo e subito dopo di dare lezioni di vita. La sua infatti non è stata tutta medaglie e podi. «Perdere un arto a otto anni – ha confessato – non è cosa semplice da accettare come estrema soluzione ad un calvario durato anni a causa di una rarissima malformazione vascolare. Più volte mi sono sentito perduto, ma grazie alla mia famiglia ed ai tanti amici che mi sono stati vicini, sono riuscito ad andare». Anche perché nel frattempo ha incontrato la scherma ed in seguito i successi, arrivati però a suon di sacrifici. «Ottanta chilometri al giorno, dopo la scuola e i compiti, per andare e tornare dalla palestra, prima con i genitori, poi con il treno. Ora per fortuna in auto».
Segnali positivi e concetti profondi dalle parole del giovane campione: «Con la forza di volontà si possono superare i momenti più difficili. Di un difetto o una diversità? Non vergognatevene, fatevene anzi motivo di vanto, un vostro punto di forza». Al di del fatto che ha vinto trofei internazionali Ema è un ragazzo che vale la pena conoscere. A conclusione della serata, l’attesa performance di fioretto con il collega e amico Andrea Giacomozzi, amandolese, figlio e nipote dei titolari della Gibas Lighting, Paolo e Basilio Giacomozzi che hanno organizzato il riuscitissimo evento.
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