Cosa sei disposto a fare per soldi? Questa è la domanda che Luciana (Ana Asensio) deve porsi per tutto il thriller pensieroso “Most Beautiful Island”.
Il film si apre con delle riprese a distanza di diverse donne che camminano attraverso Manhattan, prima di posarsi su Luciana, una ragazza che ha lasciato la sua Spagna natale dopo un trauma familiare. Essendo un’immigrata senza documenti che riesce a malapena a guadagnarsi da vivere a New York, Luciana, sarà disposta a tutto pur di sbarcare il lunario, perciò la vedremo impegnata a fare la baby-sitter di odiosi ragazzini o a lavorare part-time in costume da pollo per promuovere un ristorante.
La sua amica russa Olga (una vivida Natasha Romanova), ardente sostenitrice delle promesse del sogno americano, suggerisce una risposta offrendole un misterioso (ma molto redditizio) lavoro in uno scantinato di Chelsea. Dove Luciana entra, però, si rivela essere una tana da incubo di oggettivazione e pericolo fisico per il divertimento dei ricchi newyorkesi. A questo punto scopriamo anche cosa sarà delle donne che appaiono nella sequenza di apertura.
In questo promettente esordio, Ana Asensio interpreta il triplo ruolo di sceneggiatrice, regista e protagonista. Con l’aiuto del suo direttore della fotografia Noah Greenberg e del suo sound designer Jeffery Alan Jones, usa inquietanti scatti di tracciamento, frenetici paesaggi urbani, rumori ambientali e sequenze di calma prolungata per evocare inquietudine e terrore. Il suo produttore Larry Fessenden (“Wendigo”) è una vecchia mano nell’horror indipendente e con lui Asensio è abilmente riuscita a rendere il “destino” davvero orribile. Come riflessione sulle esperienze degli immigranti privi di documenti, “Most Beautiful Island” rappresenta un esempio estremo di ciò che la gente è disposta a fare per cavarsela, ma lo fa senza sminuire i suoi vulnerabili personaggi.
di Giuseppe Di Stefano
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