Come può un nero diventare membro del Ku Klux Klan? Nel 1979, è (più o meno) successo. Il fantastico film di Spike Lee “BlacKkKlansman” racconta la vera storia di un poliziotto afroamericano sotto copertura, Ron Stallworth (John David Washington), che si propone come potenziale membro del Ku Klux Klan per abbattere il gruppo locale di supremazia bianca.
Iniziando un nuovo lavoro come unico poliziotto nero a Colorado Springs, Ron viene gettato nella stanza dei registri fino a quando la noia lo assale portandolo a chiedere di cambiare dipartimento per diventare un detective. Il racconto è così bizzarro che a volte è comico e spesso inquietante. Nel primo dei tanti momenti surreali del film, Ron osserva una piccola pubblicità del Klan su un giornale, come se si trattasse di un negozio o di un servizio di giardinaggio. Decide di chiamare il numero sulla rivista e inizia ad infiltrarsi in questo gruppo che è solito tenere riunioni segrete nei salotti dei membri. Ed è durante questi incontri che la leggera commedia si trasforma in un film dell’orrore. Come se non bastasse, Lee ne accresce il tono nervoso attraverso una forte grafica, contrapponendo l’estetica anni ’70 con il soffocante decoro suburbano del Klan, e questi passaggi riescono a disorientare.
Come afferma Stallworth stesso, “Puoi fare qualsiasi cosa con un uomo bianco”, così il collega detective ebreo Flip Zimmerman (Adam Driver) viene arruolato per interpretare fisicamente Ron, con quest’ultimo che mantiene il ruolo di comunicatore via telefono con il KKK. Sorprendentemente il piano funziona – e il film può cominciare.
In un momento in cui la polizia è un argomento che negli Stati Uniti divide, Lee tratta i poliziotti in modo equo. La stazione ha sia buoni ufficiali che lavorano duramente per servire la giustizia sia cattivi ufficiali che agiscono al di sopra della legge. Quello che il regista ha realizzato con “BlacKkKlansman” è un tributo importante agli eroi delle piccole città – poliziotti, attivisti e buoni vicini – facendo passare il messaggio che il mondo ha bisogno di più persone come loro.
di Giuseppe Di Stefano
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