L’INTERVISTA
Il maestro Uto Ughi sul palco del Teatro dell’Aquila “Non si può fare musica che non si ama”

FERMO - Domenica 4 novembre, in occasione dell'inaugurazione della stagione concertistica 2018-19, insieme al pianista Andrea Bacchetti presenterà l'ultimo cd “Note d'Europa” e dialogherà con il musicologo Massimo Fargnoli sul suo libro “Quel diavolo di un trillo”

di Andrea Braconi

Ancora poche ore e il maestro Uto Ughi, portando con sé i suoi violini Stradivari e Guarnieri del Gesù, salirà sul palco del Teatro dell’Aquila di Fermo. Ma il concerto del 4 novembre, che avrà inizio alle ore 17, avrà una connotazione particolare: non solo inaugurerà la stagione concertistica 2018-19, ma vedrà la presenza da un lato di Andrea Bacchetti al pianoforte, dall’altro del musicologo Massimo Fargnoli che al termine dialogherà con il maestro sul suo libro “Quel diavolo di un trillo”. A raccontarci la genesi di questo percorso, sia musicale che letterario, è lo stesso Uto Ughi.

Maestro, che tipo di produzione è il suo ultimo cd “Note d’Europa”?

“È un disco registrato su autori di varie nazionalità europee che viaggiavano molto, come Mozart, Tchaikovsky ed altri autori che avevano un’identità ben precisa e che possono essere considerati europei perché attingevano la cultura anche da altri Paesi. Si arricchivano comunicando con popoli diversi.”

Quali sono stati gli elementi cardine che l’hanno portata a questo risultato? Su cosa si è concentrato maggiormente?

“Non mi sono fermato particolarmente su un autore, infatti qui ci sono musicisti tedeschi, francesi e di altre realtà. Ci sono vari brani che caratterizzano l’identità di ogni autore.”

C’è un brano che lei sente più vicino?

“Sono dell’idea che in genere, come diceva Artur Rubinstein, si ama quello che si esegue al momento, non c’è una preferenza. Non si può fare musica che non si ama. Paganini diceva: per emozionare gli altri devo emozionare prima me stesso. Come si fa a dire che Mozart è più grande di Beethoven o che Bach è più grande di un altro? Ognuno aveva una sua visione del mondo ed una caratteristica particolare.”

Un ragionamento applicabile anche alle città, uniche nella loro bellezza. Come Fermo, con la sua lunga storia, che la ospiterà il prossimo 4 novembre.

“È vero, anche le città sono uniche. Ho già suonato a Fermo diversi anni fa. Conosco le Marche perché mia madre aveva una casa sulla riviera del Conero. Poi conosco tutte quelle cittadine intorno come Castelfidardo, Osimo, Recanati, che sono dei gioielli di architettura e di cultura. Questa è una regione ricchissima di storia e di arte. E avete anche dei bellissimi teatri.”

E a proposito di musica, in questa terra ferita dal terremoto proprio la cultura è uno di quegli strumenti fondamentali per tenere unita una comunità e stimolarla verso nuovi obiettivi.

“La cultura è uno strumento di comunicazione e di libertà. Perché l’arte è libertà, in questa Europa di cui si parla solo in termini commerciali, economici e politici. Ma l’Europa è stata soprattutto un continente spiritualmente enorme, che ha dato i natali ad autentici geni.”

Il musicologo Massimo Fargnoli ricorda il suo forte legame con la città di Fermo. “Circa 20 anni fa venivo perché c’era l’Orchestra Internazionale d’Italia, che aveva lì la sede, e quindi organizzavamo dei concerti. Mi interessava questa esperienza molto bella e ho uno splendido ricordo di questa bellissima cittadina. Così, quando il maestro Ughi mi ha invitato a parlare con lui ho detto ‘Sì Uto, a Fermo vengo’. E, quindi, ci sarò anch’io su quel palco”.

Il vostro sarà un dialogo sui generis.

“Io invitavo il maestro negli anni ’80 quando ero direttore artistico dell’Orchestra della Rai di Napoli, con lui si è stabilito un sodalizio artistico che dura ancora. Così quando mi propone di fare qualcosa ci sono sempre, soprattutto se a Fermo. Poi nelle Marche ho imparato tante cose, anche grazie all’esperienza del Rossini Opera Festival. Anche a Porto San Giorgio, con il maestro Marco Sollini che mi invitò.”

Come giostrerete questa conversazione?

“In genere mi diverte molto far venire fuori quella che è l’essenza dei musicisti e degli artisti con i quali mi trovo ad interagire. Non credo ci siamo molto da anticipare, sarà una cosa che verrà fuori in quel momento. Sarà una sorpresa e la cosa più bella è che anche il pubblico non si aspetta qualcosa di definito. Il maestro Ughi nel libro parla di tantissimi temi e tantissime esperienze, quindi ci saranno da dire tantissime cose.”

E il pubblico sarà protagonista in questo dialogo.

“Penso proprio di sì. Tra l’altro io ho assistito all’inaugurazione del 1997 del Teatro dell’Aquila e da quella stessa platea il 4 novembre il pubblico interagirà e gli daremo la parola. Sarà una bella cosa. Sono sempre momenti che arricchiscono chi partecipa, che ha bisogno di entrare in sintonia con gli artisti.”


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