Aquaman: finalmente un gran film da parte della “dc comics”

Per gli appassionati di cinema la recensione di Giuseppe Di Stefano

Dopo decenni ad essere trattato quasi come un’entità aleggiante nella cultura pop, Aquaman ha finalmente il suo lungometraggio. Il risultato è una strana e meravigliosa avventura che si sforza – e quasi riesce – di essere il film di supereroi più epico mai realizzato. Il personaggio di Aquaman ha fatto il suo debutto nel “DC Expanded Universe” in Batman vs. Superman ed è presente anche in Justice League come parte dell’ensemble, ma questo è il primo film che lo pone in assoluto primo piano. I risultati sono divertenti al punto di farci desiderare che la Warner Bros lo avesse fatto prima.

Al centro di tutto c’è Jason Momoa, che interpreta Aquaman (a.k.a. Arthur Curry) in stile rockettaro heavy-metal con capelli lunghi e tatuaggi. Come concepito dagli sceneggiatori David Leslie Johnson-McGoldrick e Will Beall, attingendo dalle fonti di Mort Weisinger e Paul Norris, Arthur è un personaggio di specie mista che si sente alienato da entrambe le civiltà che incarna. È la progenie dell’unione tra il guardiano di un faro di nome Tom Curry (Temura Morrison) e un atlantidea spiaggiata di nome Atlanna (Nicole Kidman).

Fino ad ora, è il fratellastro di Arthur, Orm (Patrick Wilson), ad avere il trono di Atlantide, e sta usando il suo potere per riunire tutti gli eserciti sottomarini e preparare una grande guerra contro gli abitanti della superficie. Per fermarlo, Aquaman deve unirsi a Mera (Amber Heard), una principessa di un altro regno, e trovare un tridente leggendario che, come la Excalibur di Re Artù, può essere brandito solo dall’unico vero re. C’è voluto un l’intero film Justice League per convincerlo a diventare un supereroe, e ci vorrà l’intero film Aquaman per fargli accettare il suo posto come re di Atlantide.

Questo non è come la maggior parte degli altri film di supereroi e non passa molto tempo in un mondo riconoscibile. Esplora domini fantastici che sembrano usciti direttamente dall’immaginazione dei fratelli Grimm e questo rende la pellicola ancora più ampia e stravagante di quanto si potrebbe sperare. Ci sono volte in cui il film di Wan si spinge troppo lontano, ma credo che sia perché sta forzando al massimo la mano, utilizzando la fantasia per estendere i confini dell’immaginazione. Infatti, in Aquaman non viene fatto nulla a metà e alla fine se ne raccolgono i frutti o, occasionalmente, se ne subiscono delle conseguenze. Personalmente ritengo che, il più delle volte, sia uno spettacolo: i fantastici set scenografici sono ricchi di dettagli e ogni fotogramma ha particolari meravigliosi che si potrebbero non notare alla prima visione.

L’aspetto più notevole, tuttavia, è il modo in cui Aquaman respinge l’idea che ogni problema possa essere risolto con la violenza. Nel film, non tutti i conflitti si risolvono con sparatorie laser e combattimenti di fanterie acquatiche, ma alcuni degli scontri più importanti vengono risolti pacificamente, attraverso la conversazione, la negoziazione e il perdono. Uomini e donne piangono in questa pellicola, e la loro vista non viene trattata come una vergognosa perdita di dignità, ma come un normale sottoprodotto del dolore o della gioia. Per il suo spettacolo selvaggio e la sua intelligenza, il film di Wan è decisamente sovversivo e può essere considerato un passo avanti per il suo genere.

 

di Giuseppe Di Stefano


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