Partirà sabato 26 gennaio, dalle ore 16.15 alle 18, il corso di formazione al bene comune organizzato dalla Parrocchia Sant’Antonio da Padova e dall’Ufficio Diocesano dei Problemi Sociali, della Cultura, del Lavoro. Sul tema “Il bene comune: parola vuota? Atto eroico? Natura, scienza e tecnica, le politiche, le persone” interverrà Massimiliano Colombi, docente di sociologia dell’Istituto Teologico Marchigiano.
Il programma prevede inoltre:
– Sabato 16 febbraio: Uno, nessuno e centomila – La persona tra diritti e partecipazione / “Subire il fallimento degli ideali, accettare il nulla e l’arroganza? Quali condizioni e valori per un vero e umano sviluppo? – La Carità e il superamento di egoismi personali e collettivi” con Roberto Mancini, docente di filosofia teoretica dell’Università di Macerata;
– Sabato 23 marzo: Sposi e genitori: una vera vocazione / “La famiglia: luogo delle origini – scuola di umanità” con Fiammetta Quintabà, psicoterapeuta;
– Sabato 27 aprile: Il lavoro che nobilita l’uomo… Quale lavoro? Quale uomo? / “Il diritto/dovere del lavoro; economia e impresa; diritti e Solidarietà sociale” con Sauro Rossi, segretario regionale Cisl, e Simona Reschini, presidente Confindustria Giovani;
– Sabato 18 maggio: La politica: una difficile democrazia tra Paese e comunità internazionale / “Possibilità concesse ai singoli e alle aggregazioni per un intelligente e competente servizio, in tempi oscuri urgente come mai. La vocazione cristiana alla politica” con Franco Amicucci, ex direttore dell’Ufficio della Pastorale del lavoro-
“Fin da ora vogliamo parlarne – commenta Don Francesco Monti -. Questa iniziativa porta avanti il cammino che da tempo abbiamo iniziato e che ha vissuto i passi fondamentali nei vari “Messaggi alla Parrocchia” dell’anno scorso e di quest’anno, nella presentazione della “Gaudete et exsultate” alla presenza del Vescovo, nella “Mostra dello Sprar”, nella Mostra di questo mese natalizio “Legni dal mare …”. Anche la Veglia di Natale è stata voluta su questa linea. Contemporaneamente, proprio oggi, 1 gennaio 2019, ci viene consegnato il Messaggio del Papa per la 52° Giornata Mondiale della pace, che ci ricorda che «La buona politica è al servizio della pace».
Il nostro cammino sta anche in questa scelta di apertura alla società e al mondo per una fede senza muri e e senza chiusure. L’idea del corso di formazione è nata in Consiglio Pastorale. La cosa è piaciuta ed è diventata proposta per tutti. Quindi anche per ciascuno di noi.
Da parte nostra c’è stata sempre la ricerca di una maturazione nella Spiritualità Laicale, nella testimonianza di vita, al servizio al Regno. E’ naturale quindi rivolgersi oggi non a qualcuno in particolare, ma a tutta le comunità. “Tutta”, anche a chi ha già punti di riferimento nei vari gruppi “di preghiera” o di altro genere”.
“Il bene comune – aggiunge il parroco – sembra essere oggi «un valore non più ovvio e scontato». Cercare il Bene Comune con fedeltà e passione e fare il proprio dovere “civile” è considerato un fatto talmente raro che viene visto quasi come un atto di eroismo. O da ingenui. Non è strano?
Il soggettivismo etico, che prevale oramai nel nostro Paese da diversi decenni, ha generato anche tra noi credenti (nella diffusa impotenza dei singoli) un innegabile e forte degrado antropologico.
Segnali preoccupanti rivelano che oggi si è fatto più forte solo il nulla e, in esso, l’arroganza dell’uomo e del potere in ogni sua forma. La nostra società, la «società liquida» è diventata una trappola per il “senso” stesso della vita degli uomini, poiché mutante e sfuggente.
Perché è scomparso il senso dell’etica? Nel suo breve e intensissimo saggio “Di nuovo soli”, Zygmunt Bauman ci ricorda che gesti come la strage di Corinaldo e le “pietre d’inciampo” divelte a Roma, prima che essere gesti criminali, sono gesti stupidi, fatti da “menti ottenebrate”, che hanno perso, appunto, il senso dell’etica. “Nel contesto attuale – spiega Bauman – c’è la tendenza generale a de-regolamentare strutture una volta solide e durature”. “Essere liberi” da tutto e comportarsi come si vuole sembra essere l’unico principio guida. Molti si accorgono della comunità solo quando sono costretti “in qualità di contribuenti” e non invece nella responsabilità condivisa.
Ma proprio i legami tra vita personale e vita pubblica sono quelli che rafforzano la morale.
Non possiamo negare questa visione “triste”, ma tuttavia notiamo – in positivo – che la realtà del Paese è per fortuna meno desolante di quanto può apparire ai nostri occhi.
Già nel ‘77 Aldo Moro scriveva: «Il bene non fa notizia, ma c’è». In questo noi crediamo.
Esiste infatti un Paese reale, fatto di singoli, associazioni ed enti che praticano e sostengono ogni giorno il volontariato e la sussidiarietà, impegnandosi ad aiutare i meno fortunati e a sviluppare i talenti per comunicare le mille declinazioni dell’agire cristiano (e non solo) per il bene comune.
Si nota nei giovani e in giovani famiglie il desiderio di andare oltre l’ovvio, gli egoismi e le chiusure. Nonostante i colpi di disumanità, assestati spesso, oggi, anche da chi (stando al governo) dovrebbe stare a servizio della crescita delle coscienze negli ideali di umanità, si sta riscoprendo la dignità della persona e si evidenzia ancora di più che la si trova solo (come affermava Benedetto XVI) nel punto di intersezione tra solidarietà e sussidiarietà da una parte e il bene comune dall’altra.
La Speranza quindi non cede; il positivo esiste; le prospettive sono aperte. A patto che non si ceda sui principi e sui valori e che si abbia la volontà di lavorare sugli snodi fondamentali della vita, tra cui la famiglia, il lavoro, la politica. A patto, ancora, che la nostra società si lasci ispirare dalla dinamica della carità, intesa come principio operatore del superamento degli egoismi personali e collettivi. Questo troviamo nella Dottrina Sociale della Chiesa da cui ci lasciamo ispirare. Solo la carità può fecondare la vita dell’uomo, dal più vicino al più lontano, fino alla vita delle istituzioni internazionali. Questa dinamica di carità e apertura alla trascendenza, opera dello Spirito, costituisce il nucleo centrale dei pronunciamenti della Chiesa. Essa non può non annunciare ciò che la costituisce. Può essere considerata utopistica nel suo discorso di fronte a egoismi e violenze, che a ogni livello non cessano di prevalere. Ma solo in essa possiamo vivere in toto la proclamazione della fede e della speranza in quel Dio che ci ha tutto detto nel suo Figlio.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che celebriamo proprio oggi, 1 gennaio 2019, Papa Francesco afferma che la politica è “un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo”, ma “quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. «Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9, 35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità» (Octogesima adveniens (1971), n° 46) E aggiunge Papa Francesco: “Meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, fedele testimone del Vangelo:
Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza l’unità.
Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
Beato il politico che sa ascoltare.
Beato il politico che non ha paura.
Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.
Ne siamo certi anche tutti noi. Abbiamo anche un sogno: che in questa chiesa di veri fedeli di Cristo, non solo i politici che si dicono cristiani si sentano chiamati al Bene Comune, ma tutti gli uomini di buona volontà e in particolare ciascun credente, iniziando da coloro cui sfugge l’importanza della loro stessa vita o che – insieme al Senso – stanno perdendo la speranza di una vita migliore per tutti. Crediamo che questo sogno debba divenire realtà soprattutto nelle giovani generazioni: ad esse lo stesso nostro Signore affida il Regno presente e futuro. Il corso di formazione – conclude – vuol essere, di questo sogno, un umile ma utile servitore”.
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