di Andrea Braconi
Fate le disposizioni anticipate sui trattamenti, decidete come volete essere curati e come volete morire in modo dignitoso. È in queste considerazioni l’essenza di una serata trascorsa ad ascoltare la testimonianza di una donna coraggiosa come Mina Welby, moglie di quel Piergiorgio, attivista del Partito Radicale e affetto da distrofia muscolare, che lottò fino all’ultimo dei suoi giorni (morì il 20 dicembre 2006) per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico e per il diritto all’eutanasia.
Una battaglia per l’autodeterminazione della persona, per le scelte di vita e fine vita che Mina, classe 1937, ancora porta avanti e che cerca, incontro dopo incontro, di divulgare ad un pubblico sempre crescente. Come accaduto venerdì sera a Villa Baruchello.
“Chiedo alle persone, anche a quelle che non erano presenti, che ricordino quanto è importante fare le disposizioni anticipate sui trattamenti, come voler essere curati e come voler anche morire in modo dignitoso per ottenere quello che la dignità umana merita. È un diritto di tutti, la volontà di tutti i cittadini quella di poter usufruire di tutti i mezzi, sia per la salute ma anche per la cura del morire finale”.
Perché, ha tenuto a rimarcare, “chi rimane abbia ancora il coraggio di continuare a vivere e di migliorare la propria vita insieme ai propri cari che vivono ancora”. Una riflessione fondamentale, ha spiegato, “perché la morte è un fatto della vita, è un atto come il nascere”.
“È una cosa da ricordare sempre, anche quando abbiamo da fare delle decisioni difficili nel nostro vivere, nell’atteggiamento nei confronti dei nostri figli: dobbiamo fare tutto quello che è giusto. Giustizia e amore devono vivere in noi in tutti gli ambiti. Dobbiamo vivere in modo sano, vivace, forte, cercando di liberare le migliori forze che abbiamo”.
“Un incontro forte”, come ha definito la stessa Welby l’evento di Porto Sant’Elpidio, ringraziando gli assessori Emanuela Ferracuti e Luca Piermartiri, il consigliere Stefano Senesi e, soprattutto, un giovane medico “che avevo conosciuto anni fa ad Ancona e che mi ha commosso venendo qui”.
“È andato tutto bene – conclude Milena Corradini, organizzatrice dell’iniziativa, nel ribadire come la posta in gioco resti il diritto all’autodeterminazione, oltre alle libertà individuali -. La gente ha partecipato in maniera molto attenta, c’è stato interesse e curiosità, con tante domande per Mina. Come organizzatrice sono grata all’Amministrazione comunale per l’appoggio e grata a Mina che è arrivata fino a qui portando tutto il suo entusiasmo”.
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