I simboli dei partiti:
quei grandi assenti alle elezioni amministrative

VOTO - “Il vincitore è solo” non è semplicemente il titolo di un libro ma una realtà sempre più frequente sul fronte politico che vede candidati alle amministrative i singoli civici senza nessun simbolo dei partiti.

 

di Nunzia Eleuteri

In piena campagna elettorale per la scelta dei sindaci di tanti comuni, è davvero raro, trovare oggi una lista contraddistinta dal simbolo di un partito. Prevale la candidatura dei civici a discapito degli appartenenti ad un sistema partitico. Ma cosa significa essere civici? Affidiamoci ad un’enciclopedia (Treccani per l’esattezza) che parla di “nobiltà di sentimenti civili, alto senso dei propri doveri di cittadino e di concittadino che spinge a trascurare o sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune”.

Essere un civico, perciò, non significa non avere un’idea politica, o meglio, un’ideologia. Come essere iscritto ad un partito non significa non essere un civico. Si è entrati in questo meccanismo perverso dell’antipolitica dove i candidati spesso usano la distanza dai partiti come uno scudo difensivo. E allora troviamo i rossi, i bianchi, i neri e i civici in un’unica lista dal simbolo inventato per l’occasione, come troviamo liste diverse a sostegno di un sindaco civico che, non si capisce per quale alchimia, riesca a mettere d’accordo persone così distanti. Una moda? Un’esigenza? Una rassegnazione? Chissà?! Ma questo è.

Il popolo dice di essere scoraggiato. Le statistiche parlano di affluenze alle urne sempre più ridotte eppure, se si guardano le liste presentate, qualcosa non torna. Se c’è disinteresse verso la politica come mai ci sono oltre 700 candidati in comuni di poco più di 40.000 abitanti come Ascoli Piceno o addirittura tre liste presentate in un comune piccolissimo come quello di Monte Vidon Combatte che ha poco più di 400 abitanti? Forse non è vero che la politica non piace. Forse c’è ancora la volontà di mettersi in gioco dedicando il proprio tempo all’utilità comune ma pochi vogliono identificarsi in un partito e in un simbolo che lo rappresenti. Eppure il partito è formazione, è partecipazione, è confronto, è camminare insieme verso la stessa direzione. Purtroppo tutto ciò si è perso a vantaggio dell’individualismo e chi resta in un partito, oggi, lo fa per due motivi decisamente contrapposti: un forte senso di appartenenza e condivisione oppure, ahimè, una convenienza individuale di tipo economico data da incarichi e gestione del potere.

Il civico, dal canto suo, prende le distanze da entrambe le motivazioni. Nessuna critica, ci mancherebbe. Non sempre una persona riesce ad identificarsi in qualcosa di esistente, a maggior ragione nel caos generale di questo momento storico. Ciò che resta incomprensibile, invece, è che i partiti non siano in grado, in troppi paesi al voto, di esprimere il candidato alla carica di sindaco o comunque, ancor peggio, una intera lista di candidati propri, contraddistinti dal simbolo: quel vero grande assente dal panorama delle elezioni amministrative di questi ultimi anni.

Stiamo andando sempre più incontro a modelli che prediligono l’individualismo. Si vota la persona non un pensiero. Ma questo rende il sistema più fragile perché come uomini non siamo esenti da errori e, quando si verificano, ecco il crollo del “mito”. Il civico è una persona. Una. Il civico è solo o, nelle migliori delle ipotesi, ha qualche amico. Ai partiti l’onere e l’onore di promuovere il senso di appartenenza, di ricreare il bisogno di condivisione di idee e progetti comuni e di coinvolgere tutti coloro che siano mossi da “nobiltà di sentimenti civili, alto senso dei propri doveri di cittadino e di concittadino che spinge a trascurare o sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune”.

 

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