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Boom del cicloturismo,
ma sulle piste Italia Nostra avverte:
“Nel Fermano manca una logica”

RIFLESSIONI – Secondo l'associazione il nostro territorio “resta alla finestra in attesa che qualcuno dica cosa fare”

Sono sempre più numerose le persone dei paesi del nord Europa che privilegiano in modo indiscutibile il cicloturismo. E in Italia, lo scorso 2018, le presenze di turisti in bicicletta sono state poco meno di 80 milioni, con un notevole incremento; si parla di circa il 9% dell’intero movimento turistico, e oltre 6 milioni di questi cicloamatori hanno trascorso una o più notti in una struttura ricettiva. In soli 5 anni, dal 2013 al 2018, le presenze di cicloturisti in Italia sono quasi raddoppiate raggiungendo un più 41%. Se le prime 10 ciclovie nazionali saranno completate, per il 50% finanziate dallo Stato, il cicloturismo esploderà in modo incontenibile.

L’ex ministro Graziano Delrio, con le leggi di bilancio 2016 e 2017, destinò la considerevole cifra di 372 milioni di euro (dal 2016 al 2014) al sistema nazionale delle ciclovie turistiche: 6.000 km su dieci itinerari che per brevità elenchiamo solo parzialmente: Veneto (Venezia – Torino); la Tirrenica da Ventimiglia a Civitavecchia; la ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, ecc. Non ultima la Ciclovia Adriatica da Venezia a Lecce e che interesserà tutta la costa marchigiana.

“Vasti tratti degli itinerari citati sono già esistenti e sono già percorribili: i progetti ne completeranno la messa a sistema – spiegano da Italia Nostra -. Da Grado a Tarvisio, per esempio, viene utilizzato il tracciato della vecchia ferrovia Pontebbana. Molte regioni sono quindi già proiettate nel futuro, consapevoli che il turismo sta cambiando aspetto e che gli interessi di molti guardano alla mobilità dolce.

Da calcoli approssimati per difetto sembrerebbe che la spesa giornaliera di un cicloturista ammonti a circa 66 euro. Le attrezzatissime regioni Emilia Romagna e Toscana sono, statisticamente, le prime mete italiane dei cicloturisti e hanno saputo cogliere il trend del momento perché oltre agli stessi italiani, molti ciclisti stranieri (soprattutto tedeschi ed austriaci), amano l’Italia.

Purtroppo, a fronte di circa 70.000 km ciclabili in Germania e ad una bici per ogni abitante, in Italia si calcolano circa 6.000 km (di cui 4.000 in città) e 44 bici ogni 100 abitanti. Dati che riflettono, parzialmente, anche la situazione nella nostra regione e che diventano ancora più negativi se consideriamo alcune città della nostra provincia.

Sta per passare un treno che potrebbe portare benessere e posti di lavoro, che potrebbe far risaltare le peculiarità di un territorio che non ha nulla da invidiare alle più qualificate zone della nostra nazione, ma siamo alla finestra in attesa che qualcuno dica cosa fare. Non c’è volontà, sembrerebbe, o non c’è spazio per mettere in discussione nei vari consigli regionali, provinciali e comunali la seria presa in considerazione delle piste ciclabili. Ancora oggi si assiste alla messa in opera di tratti parziali di piste ciclabili, senza un serio coordinamento e in ambito cittadino e in ambito extra-comunale. Manca una logica e, di conseguenza, manca l’educazione del circolare in bici e dell’assoluto rispetto delle piste ciclabili da parte dei pedoni e, a volte, degli automobilisti. Occorre anticipare i tempi e trovarsi pronti ad accogliere un turismo di sicuro interesse per l’economia del nostro territorio. Potrebbero beneficiarne tutti, sia i paesi della costa che dell’entroterra. Le risorse storiche, artistiche, paesaggistiche, culturali non mancano nel modo più assoluto. I paesi che oggi faticosamente cercano di emergere e mettersi in evidenza potrebbero, in un futuro molto prossimo, ottenere il dovuto riconoscimento in tema di valorizzazione delle proprie risorse.

Si assiste quasi quotidianamente al proliferare di iniziative volte ai più svariati progetti di realizzazione di ciclovie. Occorre insistere, innanzi tutto, a razionalizzare i percorsi cittadini, a completarli, potenziarli, metterli a norma e in sicurezza e poi lavorare sul progetto principale che resta comunque la ciclovia Adriatica (Vele), legando ad essa il progetto dell’ormai famoso e tanto ventilato “pettine” che, per la nostra provincia, parte dalla foce del Tenna e da quella dell’Ete Vivo per confluire a Fermo e raggiungere Amandola, percorrendo per buona parte quello che era il percorso del Trenino dei Sibillini e dalla foce dell’Aso verso Comunanza. E’ quanto è stato illustrato dalla Regione Marche, attraverso i suoi rappresentanti, in assemblee a Pedaso e Fermo. E’ su questo che occorre tenere vigile l’attenzione, suggerendo eventuali modifiche ai progetti che non sempre tengono conto delle esigenze locali.

E, di conseguenza, sono le amministrazioni locali a dover esigere che gli stanziamenti stabiliti (per il primo tratto delle ciclabili citate in precedenza si parla, in totale, di circa 8/10 milioni di euro), innanzi tutto non vengano dispersi in futilità e poi che siano destinati in esclusiva al potenziamento della rete ciclopedonale del nostro territorio.

Se si riescono a realizzare tali progetti diventa consequenziale far confluire su queste piste, che potrebbero essere gli assi portanti principali, tutte le ulteriori ciclovie che si ritenessero necessarie da parte dei paesi delle valli del Tenna, dell’Ete Vivo e dell’Aso”.


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