Marky’s Ramone Blitzkrieg con Greg Hetson alla chitarra
Marky Ramone
di Marco Ribechi
(Foto di Andrea Petinari)
This is Rock ‘n’ Roll High School. Il vortice dei Ramones dopo due anni (leggi l’articolo) si abbatte di nuovo sul Fool Festival di Morrovalle con la consueta energia del punk di vecchia scuola. Niente fronzoli, nessuna chiacchiera, solo giubbotti di pelle, pogate e una mitragliata di canzoni di due minuti suonate senza interruzione. Questo è il rock dei Ramones, gruppo leggendario di New York tra i fondatori del movimento punk, e questo è quello che Marky Ramone, unico superstite di quella fondamentale formazione, continua a portare in tour in giro per il mondo con lo spirito di un ragazzino. Marky, 63 anni suonati nel vero senso della parola, entrato nella band nel 1978, ripropone senza nessun cambiamento il sound originale di quella punk generation che nell’urlo generazionale “I don’t care” ha cambiato per sempre la storia della musica riportando l’intellettualismo del rock all’età della pietra. Semplicissimi giri di tre accordi che sono diventati degli inni di ribellione capaci di coinvolgere gli spettatori come se fossero loro a gridare dal palco. Dopo quasi 50 anni dall’affermazione del punk quei suoni, proprio come dei ritmi tribali, sanno ancora catturare le folle dei nuovi teenager nonostante la musica strumentale sia stata messa da parte a favore di suoni sempre più ricavati da campionature elettroniche e voci sempre meno espressive.
Greg Hetson
Il concerto del Fool Festival di ieri è stata la prova provata che è ancora possibile avere musica genuina, viscerale, senza dover andare a pescare i nuovi idoli in trasmissioni televisive patinate che vedono nell’omologazione della creatività la loro macchina fabbrica soldi. La presenza in un piccolo centro come Morrovalle del batterista di una delle band più famose del mondo, accompagnato dalla chitarra di Greg Hetson, altra pietra miliare e fondatore dei Bad Religion, significa mettere l’ideologia prima del marketing, volersi sporcare nella polvere dei palchi di periferia senza paura di fallire, credere nella visione di tutta una vita. Significa non fare distinzione tra un’adunata oceanica in uno stadio e gli spettatori di un festival locale. Questo è il vero spirito del punk che per esprimersi ha bisogno solo di una amplificazione e di un pubblico.
Marky Ramone
Il consueto “One, two, free, four” dei Marky Ramone’s Blietzkrieg ad annunciare il primo accordo di ogni brano carica la platea così come “La cavalcata delle Valchirie” di Wagner annunciava l’avanzare dei bombardieri nell’immortale Apocalypse Now. Anche questa è un’invenzione del punk, uno stile di vita più che una forma artistica che ha regalato il concetto di immediatezza alla musica che lo ha seguito. Uno dopo l’altro sono stati realizzati tutti i successi immortali dei Ramones ma a questo punto la scaletta non conta più nulla, quello che la band offre non sono canzoni ma due ore di assoluta anarchia punk: i più adulti se la ricordano bene, alcuni adolescenti sorpresi riflettono come mai quella energia sia così sopita nel panorama musicale attuale, altri semplicemente senza pensare si buttano nel pogo. Il punk mette tutti d’accordo, quello che era nato come un suono di rottura e di anticonformismo oggi serve per riscoprire le radici dell’espressione musicale: tamburi, voce, qualche semplice melodia, danze frenetiche e tanta voglia di vivere.
Un momento dello spettacolo
Ad aprire lo show di Marky Ramone’s Blietzkrieg, oltre ai Farmacia Comunale, band che in scala locale ripropone il vero senso del punk, anche gli Shandon accompagnati alla voce da Eva Poles dei Prozac+. Un tassello del punk rock tricolore con una formazione che ha raggiunto ormai il quarto di secolo di attività, nonostante facciano parte del colpo di coda del punk della seconda metà degli anni ’90, e una cantante che a suo tempo, con i dischi Acido Acida e ancora prima con l’album d’esordio del 1996 Testa Plastica, aveva saputo stupire un pubblico italiano con sonorità inedite, anch’esse estremamente viscerali e coinvolgenti, che analizzano nei testi come nelle musiche l’abuso di droghe e antidepressivi per scappare dall’oppressione della sua società contemporanea. Nella musica attuale quell’urlo appare totalmente soffocato, chi prima si ribellava oggi ha accettato ed è parte integrante del sistema. La ribellione è diventata ostentazione e rompere le pareti della prigione con questi modelli appare un compito assai arduo. A meno che, un giorno quasi per caso, non arrivino nel piazzale di una chiesa di campagna, dei gruppi punk a scardinare di nuovo quelle certezze e a fare breccia nelle linee nemiche. Questo è il Blitzkrieg dei Ramones che prende il nome dalla tattica militare dell’esercito tedesco che con movimenti rapidi di truppe non lasciava all’avversario il tempo di organizzare una difesa stabile, se una volta i nemici erano i conservatori intellettuali oggi è il vuoto ideologico ben diverso dal nichilismo di un tempo. Obiettivi differenti stesse armi, questa è l’eredità del punk.
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