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UN ANNO DA COMMISSARIO
Farabollini e la ricostruzione:
gru fantasma, norme poco speciali
e lo “smemorato” Ceriscioli

FERMO – Il commissario straordinario, partecipando alla riapertura della Chiesa di San Francesco, ha fatto il punto sulla situazione nelle aree terremotate e sul sistema normativo

di Andrea Braconi

Mentre il commissario straordinario per la ricostruzione Piero Farabollini risponde – per oltre 20 minuti – alle domande dei giornalisti, all’interno della riconsegnata Chiesa di San Francesco (LEGGI QUI) riecheggiano ancora i canti del coro parrocchiale che ha accompagnato la celebrazione di monsignor Rocco Pennacchio. Un momento speciale per Fermo, al quale Farabollini non è voluto mancare non solo come segno di vicinanza, ma anche per ribadire criticità e prospettive della fase del dopo terremoto. L’occasione perfetta, quindi, per fare il punto sul suo anno di attività istituzionale, iniziata il 5 ottobre 2018.

DIVERSITÀ, VELOCITÀ, COMUNITÀ

“Un anno può sembrare tanto ma non lo è”. Debutta così, sorridendo ma consapevole dell’importanza del ruolo assegnatogli dal precedente Governo Cinque Stelle – Lega. “Ci sono norme che ci obbligano a riflettere attentamente in modo tale che le stesse siano applicabili, utili e che permettano una ricostruzione che riguarda un territorio vastissimo”.

Perché – non va mai dimenticato – sono 138 i Comuni coinvolti. “Un numero che, almeno nella storia dei sismi, per quanto riguarda la nostra penisola non si è mai registrato. Si tratta di tantissimi edifici, anche con caratteristiche differenti, e c’è una norma che deve andare a ragionare anche sulle diversità. La difficoltà incontrata è stata essenzialmente quella di poter cercare soluzioni che permettessero una velocizzazione, che non significa ricostruire senza qualità: deve permettere di intervenire in tempi rapidi e far rientrare le persone perché lo spopolamento che già si stava verificando ovviamente trova quasi un alibi nel terremoto. E non dobbiamo permettere questo: il nostro è un territorio particolarmente bello e di conseguenza, oltre alla ricostruzione, va fatto un ragionamento in termini di programmazione e di pianificazione, di sviluppo territoriale, sociale, economico e infrastrutturale. È vero, noi andiamo a riparare le case, ci vorrà del tempo perché si parla di oltre 70.000 interventi, ma non va ricostruito solo l’edificio, è necessario ricostruire le comunità”.

LO “SMEMORATO” CERISCIOLI

La richiesta di Luca Ceriscioli di assegnare ai singoli presidenti di Regione il ruolo di commissari straordinari, con l’obiettivo di snellire le procedure, trova una risposta lapidaria da parte di Farabollini. “Il presidente Ceriscioli forse non ricorda che già i vice commissari hanno tutte le deleghe e le deroghe per poter fare la ricostruzione. La legge 189 prevede di attribuire competenze e gestione della ricostruzione proprio ai vice commissari. Per questo mi sembra un’uscita particolare, la sua: già noi con le ordinanze in corso abbiamo attribuito tante deleghe ai vice commissari, come la ricostruzione privata, la ricostruzione pubblica e gli interventi sui dissesti idrogeologici. L’unica cosa che ha tenuto il commissario straordinario è un’ordinanza, la 14, che riguarda 18 scuole, un progetto speciale che l’allora commissario Errani propose di avviare per permettere ad alcune scuole particolarmente danneggiate di avere degli edifici per l’attività scolastica già a partire da settembre 2017. Siamo arrivati a settembre 2019 con tutti i lavori iniziati, con tante scuole inaugurate ed utilizzabili, ma anche con situazioni dove è necessario ancora qualche mese in più. Però in tempi brevi riusciremo anche a concludere quell’ordinanza”.

Con i vice commissari è forse mancato un raccordo, una collaborazione, un coordinamento? Una domanda che si pone lo stesso Farabollini e che trova, anche in questo caso, una risposta netta: “Gli ultimi incontri che abbiamo fatto con gli uffici speciali della ricostruzione, con gli stessi vice commissari, con i tecnici e con i Comuni vanno nella direzione di dire che abbiamo un obiettivo e lo stiamo perseguendo tutti insieme”.

IL PARAFULMINE, TRA NORME ORDINARIE E SPECIALI

La figura del commissario, quasi sempre, fa da parafulmine, è il capo espiatorio di una lentezza burocratica introdotta proprio con la legge 189: ne è convinto Farabollini, che precisa però come la sua struttura non possa essere considerata un soggetto attuatore. “Ci siamo mossi solo per l’ordinanza 14 che, come detto, stiamo completando. Per tutti gli altri interventi i soggetti attuatori sono o gli uffici speciali per la ricostruzione, o le Regioni, o il Mibact, o la Curia come nel caso specifico di oggi e della nuova ordinanza che prevede circa 540 chiese. Quindi – ribadisce – il commissario soggetto attuatore lo è soltanto in casi sporadici e particolari”.

Restano però diversi nodi. Forse troppi, considerati gli oltre 1.000 giorni trascorsi da quel 24 agosto 2016. “Quello che stiamo cercando di fare è di vedere di trovare all’interno della 189 quelle procedure che permettano di velocizzare, senza andare a toccare una norma che purtroppo non è una norma speciale. E quando ci troviamo nella necessità di chiedere il parere su un vincolo idrogeologico, su un vincolo paesaggistico, il parere per uno sconfinamento sulle percentuali trovate nelle macerie, è ovvio che andiamo a cozzare con una norma nazionale che non va in deroga”

Ma perché per le aree terremotate non è stato possibile arrivare ad una legge speciale? “Tre anni fa la 189 è nata in quella maniera, come norma ordinaria, una scelta voluta probabilmente perché l’entità della devastazione (138 Comuni, 8 Province e 4 Regioni) non permetteva di ragionare andando in deroga rispetto a tutto, come invece avvenuto nel caso specifico del Ponte Morandi, che è un lavoro solo e non rappresenta una vastità di interventi. Credo che la volontà del Governo di perseguire la 189 come legge ordinaria è anche legata al fatto che a tre anni dal terremoto pensare ad una norma speciale che va in deroga significa rimettere tutto in discussione, con una probabile ricaduta in ordine ai tempi che sarebbe sicuramente altrettanto importante”.

Per questo, prosegue, visto il lavoro che si sta facendo e che tende a sanare delle questioni particolari, molte della quali risolte e molte altre che si stanno risolvendo, conviene continuare a proseguire. “Sulla ricostruzione è vero che attualmente non vediamo le gru, ma gli interventi si stanno realizzando e le pratiche vengono presentate. E noi cerchiamo di trovare dove il progetto non viene presentato quali sono le motivazioni, dove la pratica impiega tanto tempo per arrivare a decretazione perché trova l’intoppo: questo è il lavoro che stiamo conducendo, insieme a tutti gli attori. Non può essere solo una cosa del commissario, ma deve essere del commissario, dei vice commissari, degli uffici speciali, dei professionisti e dei cittadini”.

DALL’EMERGENZA ALLA PROGRAMMAZIONE

In tutte le occasioni pubbliche, Farabollini pone sempre al centro il tema della sicurezza sismica. E guardando altrove, ad esempio ad una Germania che investe 100 miliardi sulle politiche ambientali, a casa nostra è forse arrivato il momento di dare concretezza ad un grande piano per la messa in sicurezza dei territori? “Il dissesto idrogeologico comporta anche danni che sono elevatissimi, abbiamo speso tantissimi soldi nei vari eventi che sono molto più frequenti dei terremoti e che derivano anche dalla forte antropizzazione”.

L’Italia ha tecnologia, conoscenza e capacità per poter ragionare in termini di sicurezza, ma forse – è il Farabollini pensiero – manca la volontà. “Certo, gli investimenti sono notevoli, basti pensare che questa ricostruzione è stata valutata sui 23 miliardi di euro. Ogni ordinanza emanata deve avere la copertura finanziaria già definita e approvata e attualmente la copertura sulle varie ordinanze è di circa 2 miliardi di euro. Servirebbero tantissime risorse anche per tutte le altri catastrofi legate ai vulcani, agli incendi, anche alla siccità. Dobbiamo pianificare gli interventi, dobbiamo programmarli, non possiamo pensare sempre come purtroppo si sta facendo di mettere le toppe nel momento in cui arriva l’evento. Invece, purtroppo, stiamo lavorando costantemente in emergenza. È anche vero che i cambiamenti climatici agiscono in modo tale da aver modificato i tempi di ritorno”.

PERIMETRAZIONI? SÌ GRAZIE, ANZI, NO

Altro fronte piuttosto caldo è quello delle perimetrazioni, sul quale Farabollini prova a fare chiarezza. “Sono uno strumento di pianificazione, poi si chiamino perimetrazioni o piani di recupero come era nel ’97 la differenza non cambia perché è identico l’obiettivo che ci si pone e cioè andare a verificare le aree di maggior danneggiamento e ripensare quello che è stato danneggiato in chiave di infrastrutture, stanze, servizi, edifici, tipologie, etc”.

Finora sono state presentate 93 perimetrazioni ed è una scelta, tiene a sottolineare il commissario, che hanno fatto i Comuni in accordo con i vice commissari e della quale la sua struttura prende atto. “Mi sono trovato a finanziarle dopo che i vice commissari le avevano approvate. Per capire meglio il tema, faccio riferimento all’ordinanza 25 che poi viene rimessa in gioco con la 39 e la 46 dove essenzialmente, già nel momento in cui è stata pensata la ricostruzione, si è cercato di trovare una modalità che permettesse il recupero di un centro storico o di una porzione di centro storico, evitando il grosso danneggiamento che c’è stato o di creare situazioni di disagio e insicurezza. La perimetrazione è un piano e comporta un’attività sia conoscitiva sia di studio e sviluppo del piano attuativo che richiede del tempo. Non è che una pianificazione si fa dall’oggi al domani. Molti Comuni hanno fatto richiesta di recedere dalle perimetrazione, come avvenuto a Camerino dove inizialmente erano state proposte 6 perimetrazioni del centro storico ma al momento c’è soltanto una piccola porzione perimetrata. E per le recessioni c’è sempre il passaggio attraverso il Comitato Istituzionale, che sono i vice commissari”.

MINISTERI E RINNOVI

Negli ultimi giorni al centro del dibattito pubblico, soprattutto nel centro Italia, è finita la mancata istituzione di un Ministero ad hoc sulla ricostruzione o la nomina di un sottosegretario con delega. “Come più volte detto, di catastrofi naturali ne succedono di tutti i tipi e, anche se sono differenti tra loro, dobbiamo trovare una modalità per individuare una serie di norme che siano efficaci per tutti. Adesso stiamo agendo ancora in emergenza, che scade il 31 dicembre 2019 e che forse verrà riprorogata. L’emergenza mette in campo una serie di attività (come soluzioni abitative di emergenza, macerie, contributo di autonoma sistemazione, pronto intervento, messe in sicurezza), che non sono solo un ripristino o un intervento per consentire alla popolazione di rientrare, ma guardano anche in senso di sviluppo: pensiamo alla zona franca urbana, alla busta paga pesante, alle utenze”.

Per questo, per Farabollini, sarebbe utile pensare a linee guida nazionali su emergenza e ricostruzione. “Forse si sarebbe anche potuto ragionare su un Ministero ma non solo della ricostruzione: dovrebbe essere un Ministero della prevenzione ma le cui competenze sono già all’interno di vari Ministeri. Allora conviene creare un ulteriore apparato o è necessario coordinare meglio l’esistente?”.

E alla domanda su un eventuale proroga del suo incarico, comunque messa già in forte discussione da rumors che vedrebbero altre figure in corsa, Farabollini saluta con un “Fino a dicembre ci sono”. Lineare ed inequivocabile, come i problemi che ancora oggi restano sul tavolo. Mentre l’entroterra, con una voce sempre più flebile, inizia a rassegnarsi ad una lunga attesa.

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