Rivedere il no alla terza corsia
dell’A14, il Fermano
aspetta delle risposte

Il Fermano ha bisogno della terza corsia. Un intervento non più procrastinabile. Ma i sindaci non possono essere lasciati soli in questa battaglia. La Regione Marche deve fare pressing su Roma.

di Sandro Renzi

Benedetto Croce talvolta ricordava che i “se storici non hanno valore”. Un modo per affermare sostanzialmente che i fatti del passato vanno letti ed interpretati tenendo conto del momento in cui sono maturati e accaduti ed ovviamente delle conseguenze che hanno determinato. Leggere la storia basandosi sui “se” e su quello che “potenzialmente sarebbe potuto accadere se… ” non è un certo un metodo rigoroso. Insomma lo sliding doors in chiave storiografica può sopravvivere solo in ambito cinematografico. Quando Fermo e Porto San Giorgio dissero no alla terza corsia dell’A14 oltre dieci anni fa, con tanto di successivo ricorso al Tar, motivarono la decisione basandosi su alcuni dati di fatto prontamente portati alla ribalta dai sindaci dell’epoca, ovvero Saturnino Di Ruscio e Claudio Brignocchi: l’esiguità delle opere compensative annunciate dalla Società Autostrade, i rischi di carattere tecnico intervenendo in alcune aree strategiche sotto il profilo naturalistico, l’eccessivo impatto ambientale che sarebbe gravato soprattutto sul Comune di Porto San Giorgio, l’incognita su quello che la stessa Società avrebbe fatto dopo Pedaso (arretramento del tracciato o ampliamento). Oltre ai vari intrecci di carattere politico che sulla vicenda finirono con il pesare e non poco.

Tornare dopo anni su quella scelta non serve più. Tanto meno trovare a tutti i costi un fil rouge tra le conseguenze di quel no alla terza corsia e gli effetti causati sulla viabilità, ad esempio, dall’incendio nella galleria di Grottammare del 2018 o i disagi determinati dal sequestro delle barriere di sicurezza su diversi viadotti tra Marche ed Abruzzo di poche settimane fa. Come dire: se però ci fosse stata la terza corsia…Si può essere d’accordo con quella decisione o osteggiarla, votata tuttavia all’unanimità dai rispettivi Consigli comunali, ma vista la premessa di cui sopra, perseverare sui “se” non paga. Si può invece discutere sulle conseguenze del no. Una scelta che comunque fu fatta e per la quale la Società Autostrade si fermò a Porto Sant’Elpidio. Ma ora, francamente, scrollandosi di dosso il passato, urge dare risposte al territorio. Fare un’analisi in prospettiva di medio futuro. Oltre che riaprire un tavolo con la Società stessa, fare pressing sui rispettivi Ministeri affinché la terza corsia anche nell’ultimo tratto marchigiano venga realizzata. Le comunità locali non possono sopportare carichi di traffico così massiccio sulla statale Adriatica. E questo riguarda tanto Porto San Giorgio quanto Fermo e Pedaso. I serpentoni di auto e tir che si snodavano venerdì erano impressionanti costringendo le forze dell’ordine, polizia stradale, vigili urbani, a fare i salti mortali. E ciò sta avvenendo con una frequenza che preoccupa. Già perché talvolta bastano dei lavori di manutenzione ordinaria per ritrovarsi con 11 chilometri di fila in A14 ed i mezzi che finiscono per spostarsi sulla Statale intasandola. Il territorio ha bisogno della terza corsia autostradale. Non fosse altro perché i volumi di traffico sono stati sempre crescenti, negli ultimi anni, su questa arteria che collega il nord al sud del Paese. Sono cambiate tante cose in questo decennio, dunque, compresa la necessità di intervenire sull’A14. A questo punto una necessità non più procrastinabile. E’ il momento di rimettere in discussione quel no partendo dalla consapevolezza che più che puntare sulle opere compensative, che peraltro hanno comunque un costo per la Società, e sui cui si si potrebbe confrontare, bisognerebbe pretendere garanzie (in termini di sicurezza, rispetto dell’ambiente, sostenibilità del progetto) sul tipo di intervento che andrà effettuato per la terza corsia. Che si tratti di Porto San Giorgio, attraversato da alcuni viadotti, o di Fermo o ancora di Pedaso ed Altidona. E mettere subito, nero su bianco, cosa la Società è disposta a fare nel tratto più compromesso, quello dove insistono le gallerie fino a San Benedetto del Tronto. E perché non ritornare sulla possibilità di un arretramento del tracciato? I sindaci non possono essere lasciati da soli in questa battaglia che non ha nulla di politico, o meglio non dovrebbe avere nulla di politico, perché riguarda la salute dei cittadini e di chi risiede a ridosso della Statale, ma anche la tutela dell’ambiente. La Regione Marche, che si è mossa con troppa cautela e ritardo su questa vicenda, ha il compito istituzionale di far pesare il suo ruolo a Roma. E di continuare a farlo anche dopo, quando si saranno spente le luci di questa lunga campagna elettorale che è solo agli inizi.

 


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